Un recente 3d sul forum dell’Uaar (Unione atei agnostici razionalisti) si apre con l’affermazione di un utente, teologo cattolico, che dice:
“L’ateismo è una fede, perciò credino sei pure tu [ateo]”.
A supporto di questa idea, il credente in questione cita frasi di Margherita Hack, Richard Dawinks e Joachim Kahl, fra gli alfieri dell’ateismo moderno, e chiude il discorso.
Ora, l’ateismo non è una fede, come spiego nel libro Piccolo manuale di Umanesimo ateo (vedi fine post).
Ma di fronte a simili argomenti – e alla loro ampia diffusione – una seconda questione mi pare essenziale affrontare:
Una delle peggiori conseguenze dell’uso della fede è il rendere inutilizzabile (ovvero piegare a piacimento) l’intelligenza di cui l’individuo è indubbiamente dotato.
Un vero spreco. E un vero danno.
Ecco allora cosa ho scritto:
Prendiamo la tesi di G.: “l’ateismo è una fede”.
Mica un’idea da poco: se fosse vero, metterebbe sullo stesso piano ateismo e religioni (ie “perciò credino sei pure tu”), cosicché nel credere (per fede) di aver ragione l’ateismo darebbe senso e ragione alle religioni (che, pure, credono per fede), se le religioni avessero torto sarebbe in torto pure l’ateismo, e gli atei sarebbero in fondo degli ipocriti (o dei superificali).
Non male, no?
Ma è solo una furbizia ad effetto (ie si sfrutta l’intelligenza in malo modo), perché a ben guardare nemmeno un G. teologo ha potuto produrre prove a sostegno di questa tesi.
Infatti, l’ab auctoritate è una fallacia logica: la verità o falsità di una affermazione non deriva dal calibro del personaggio che la enuncia, ma dai suoi argomenti.
Concetto per molti credenti difficile da concepire (avendo imparato che con dio si fa così), ma tant’è.
Inoltre, se questo per la Hack basta e avanza (va da sé infatti che ha detto una sciocchezza, ma l’ha pur sempre introdotta a titolo personale: “L’ateismo è la mia fede (…) penso che anche l’ateismo sia una fede”) nel citare gli altri fa uso di altre due fallacie logiche classiche, e – di nuovo – classiche del ragionar di fede: ‘evidenza incompleta’ (ie cherry picking), e ‘bias di conferma’.
Infatti, non solo Dawkins e Kahl non hanno detto quello che si vorrebbe far apparire abbiano detto citando solo metà del concetto espresso,
“Perché, come scienziati, non dovremmo poter esprimere un giudizio su Dio, e perché la teiera di Russell o il Mostro Volante di Spaghetti non sono altrettanto immuni dallo scetticismo scientifico? Come sosterrò tra un attimo, un universo con un controllore-creatore sarebbe un universo molto diverso da un universo senza controllore-creatore; e non si tratta forse di una questione scientifica?”
[Dawkins, ‘L’illusione di Dio’, Mondadori 2007, pag.*61*]
“Non sussiste solamente la possibilità di professioni di fede o non fede confrontative o dogmatiche. Sussiste anche, almeno da parte d’un ateismo non dogmatico, la possibilità d’un procedimento argomentativo, di raffronto, secondo prospettive di plausibilità.
(…) Nella stessa misura in cui entrambe esprimono altresì qualcosa su aspetti vissuti della realtà, esse si espongono inevitabilmente alla controllabilità empirica, vale a dire alla confutabilità. All’ateismo, questa delimitazione della pretesa reca la salutare correzione d’una auto-equivocità fondamentalistica. Quanto alla fede in Dio, ne derivano conseguenze catastrofiche”.
[Joachim Kahl, da ‘Anche l’ateismo è una fede religiosa? Riflessioni per la fondazione d’un *ateismo non dogmatico*’]
ma si prendono ad esempio e citano senza problemi quando e soltanto perché fa comodo, mentre in generale si rigetta il loro pensiero.
E la cosa peggiora considerando che credono di averlo fatto.
Credono di aver usato la logica in modo preciso e ineccepibile:
“Conclusione: siamo tutti diversamente credini.
Pace e bene.
Vado a dormire”.
E infatti, di dormire si tratta.
Come dicevo, una delle peggiori conseguenze dell’uso della fede è il rendere inutilizzabile (ovvero piegare a piacimento) l’intelligenza di cui l’individuo è indubbiamente dotato.
Un vero spreco.
Un vero spreco e un vero danno, per evitare il quale è quanto mai necessario affrontare il discorso della fede, non solo nei limiti e negli errori del creduto, ma proprio in quanto strumento di conoscenza (inaffidabile) e meccanismo mentale (rammollente, svalutativo e potenzialmente nefasto).
Questo infine è il passaggio del PMUA circa l’ateo, l’ateismo e la fede:
L’ateismo è una fede? No. Ateo/a è il semplice modo per definire chi non ha fede, chi non crede, così come c’è chi ha la passione per i giochi di ruolo o l’hobby di intagliare il legno, e chi no. Non ha senso dire che questi hanno la passione di non giocare ai gdr, o l’hobby di non intagliare.
(…)
Ecco la differenza fra fiducia e fede: la prima va guadagnata, si costruisce poco a poco sulla base di fatti, studi e precise esperienze del passato, raramente arriva al 100% e in ogni caso è soggetta a continue verifiche e pronta a cambiare (tanto che se un buon amico ci tradisce noi perdiamo fiducia in lui). La scienza stessa per questo ammette con buon senso di poter sbagliare, e prevede di aggiornare le sue teorie nel tempo. La fede, invece, si basa su desideri e bisogni, su interpretazioni e dogmi. La fede vuole abbandono, accettazione di tutta una serie di idee e di ideatori, certezza sul mistero, travestimento di ipotesi in verità, sospensione di critica e verifica… è fiducia cieca.
Altra differenza: una cosa è la fiducia in qualcuno perché gli si riconosce un valore o un’abilità, un’altra è la fede nell’esistenza di quel qualcuno. La seconda per me è ingiustificabile: non ha senso credere vera una cosa in assenza di prove, in presenza di contraddizioni o nonostante prove del contrario. Nessuno si sogna di credere per fede alla luna di formaggio o alla pentola d’oro all’inizio dell’arcobaleno… e per gli dèi è lo stesso discorso. Se la scienza usasse la fede per conoscere, saremmo ancora fermi all’idea che il sole gira intorno alla terra e che i fulmini li lancia Giove. Saremmo letteralmente ancora là.
(…)
Insomma, un conto è la fede assoluta, altro è una opinione provvisoria fondata su ogni evidenza del momento, perciò non astratta e non dogmatica. Ti pare allora che per non credere ci voglia il salto nel buio necessario al credere?