L’ateismo non è una fede, e non sta sullo stesso piano delle religioni.


Pubblicato in Cultura e società e Ateismo e Umanesimo
16 Dicembre 2014
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Un recen­te 3d sul forum del­l’Uaar (Unio­ne atei agno­sti­ci razio­na­li­sti) si apre con l’af­fer­ma­zio­ne di un uten­te, teo­lo­go cat­to­li­co, che dice:

L’a­tei­smo è una fede, per­ciò cre­di­no sei pure tu [ateo]”.

A sup­por­to di que­sta idea, il cre­den­te in que­stio­ne cita fra­si di Mar­ghe­ri­ta Hack, Richard Dawinks e Joa­chim Kahl, fra gli alfie­ri del­l’a­tei­smo moder­no, e chiu­de il discor­so.
Ora, l’a­tei­smo non è una fede, come spie­go nel libro Pic­co­lo manua­le di Uma­ne­si­mo ateo (vedi fine post).
Ma di fron­te a simi­li argo­men­ti – e alla loro ampia dif­fu­sio­ne – una secon­da que­stio­ne mi pare essen­zia­le affron­ta­re:

Una del­le peg­gio­ri con­se­guen­ze del­l’u­so del­la fede è il ren­de­re inu­ti­liz­za­bi­le (ovve­ro pie­ga­re a pia­ci­men­to) l’in­tel­li­gen­za di cui l’in­di­vi­duo è indub­bia­men­te dota­to.
Un vero spre­co. E un vero dan­no.

Ecco allo­ra cosa ho scrit­to:

Pren­dia­mo la tesi di G.: “l’a­tei­smo è una fede”.
Mica un’i­dea da poco: se fos­se vero, met­te­reb­be sul­lo stes­so pia­no atei­smo e reli­gio­ni (ie “per­ciò cre­di­no sei pure tu”), cosic­ché nel cre­de­re (per fede) di aver ragio­ne l’a­tei­smo dareb­be sen­so e ragio­ne alle reli­gio­ni (che, pure, cre­do­no per fede), se le reli­gio­ni aves­se­ro tor­to sareb­be in tor­to pure l’a­tei­smo, e gli atei sareb­be­ro in fon­do degli ipo­cri­ti (o dei supe­ri­fi­ca­li).
Non male, no?
Ma è solo una fur­bi­zia ad effet­to (ie si sfrut­ta l’in­tel­li­gen­za in malo modo), per­ché a ben guar­da­re nem­me­no un G. teo­lo­go ha potu­to pro­dur­re pro­ve a soste­gno di que­sta tesi.

Infat­ti, l’ab auc­to­ri­ta­te è una fal­la­cia logi­ca: la veri­tà o fal­si­tà di una affer­ma­zio­ne non deri­va dal cali­bro del per­so­nag­gio che la enun­cia, ma dai suoi argo­men­ti.
Con­cet­to per mol­ti cre­den­ti dif­fi­ci­le da con­ce­pi­re (aven­do impa­ra­to che con dio si fa così), ma tan­t’è.

Inol­tre, se que­sto per la Hack basta e avan­za (va da sé infat­ti che ha det­to una scioc­chez­za, ma l’ha pur sem­pre intro­dot­ta a tito­lo per­so­na­le: “L’a­tei­smo è la mia fede (…) pen­so che anche l’a­tei­smo sia una fede”) nel cita­re gli altri fa uso di altre due fal­la­cie logi­che clas­si­che, e – di nuo­vo – clas­si­che del ragio­nar di fede: ‘evi­den­za incom­ple­ta’ (ie cher­ry pic­king), e ‘bias di con­fer­ma’.
Infat­ti, non solo Daw­kins e Kahl non han­no det­to quel­lo che si vor­reb­be far appa­ri­re abbia­no det­to citan­do solo metà del con­cet­to espres­so,

Che per inte­ro è:
“Per­ché, come scien­zia­ti, non dovrem­mo poter espri­me­re un giu­di­zio su Dio, e per­ché la teie­ra di Rus­sell o il Mostro Volan­te di Spa­ghet­ti non sono altret­tan­to immu­ni dal­lo scet­ti­ci­smo scien­ti­fi­co? Come soster­rò tra un atti­mo, un uni­ver­so con un controllore-creatore sareb­be un uni­ver­so mol­to diver­so da un uni­ver­so sen­za controllore-creatore; e non si trat­ta for­se di una que­stio­ne scien­ti­fi­ca?”
[Daw­kins, ‘L’il­lu­sio­ne di Dio’, Mon­da­do­ri 2007, pag.*61*]
“Non sus­si­ste sola­men­te la pos­si­bi­li­tà di pro­fes­sio­ni di fede o non fede con­fron­ta­ti­ve o dog­ma­ti­che. Sus­si­ste anche, alme­no da par­te d’un atei­smo non dog­ma­ti­co, la pos­si­bi­li­tà d’un pro­ce­di­men­to argo­men­ta­ti­vo, di raf­fron­to, secon­do pro­spet­ti­ve di plau­si­bi­li­tà.
(…) Nel­la stes­sa misu­ra in cui entram­be espri­mo­no altre­sì qual­co­sa su aspet­ti vis­su­ti del­la real­tà, esse si espon­go­no ine­vi­ta­bil­men­te alla con­trol­la­bi­li­tà empi­ri­ca, vale a dire alla con­fu­ta­bi­li­tà. All’ateismo, que­sta deli­mi­ta­zio­ne del­la pre­te­sa reca la salu­ta­re cor­re­zio­ne d’una auto-equivocità fon­da­men­ta­li­sti­ca. Quan­to alla fede in Dio, ne deri­va­no con­se­guen­ze cata­stro­fi­che”.
[Joa­chim Kahl, da ‘Anche l’ateismo è una fede reli­gio­sa? Rifles­sio­ni per la fon­da­zio­ne d’un *atei­smo non dog­ma­ti­co*’]

ma si pren­do­no ad esem­pio e cita­no sen­za pro­ble­mi quan­do e sol­tan­to per­ché fa como­do, men­tre in gene­ra­le si riget­ta il loro pen­sie­ro.

E la cosa peg­gio­ra con­si­de­ran­do che cre­do­no di aver­lo fat­to.
Cre­do­no di aver usa­to la logi­ca in modo pre­ci­so e inec­ce­pi­bi­le:

“Con­clu­sio­ne: sia­mo tut­ti diver­sa­men­te cre­di­ni.
Pace e bene.
Vado a dor­mi­re”.

E infat­ti, di dor­mi­re si trat­ta.
Come dice­vo, una del­le peg­gio­ri con­se­guen­ze del­l’u­so del­la fede è il ren­de­re inu­ti­liz­za­bi­le (ovve­ro pie­ga­re a pia­ci­men­to) l’in­tel­li­gen­za di cui l’in­di­vi­duo è indub­bia­men­te dota­to.
Un vero spre­co.

Un vero spre­co e un vero dan­no, per evi­ta­re il qua­le è quan­to mai neces­sa­rio affron­ta­re il discor­so del­la fede, non solo nei limi­ti e negli erro­ri del cre­du­to, ma pro­prio in quan­to stru­men­to di cono­scen­za (inaf­fi­da­bi­le) e mec­ca­ni­smo men­ta­le (ram­mol­len­te, sva­lu­ta­ti­vo e poten­zial­men­te nefa­sto).

Que­sto infi­ne è il pas­sag­gio del PMUA cir­ca l’a­teo, l’a­tei­smo e la fede:

L’ateismo è una fede? No. Ateo/a è il sem­pli­ce modo per defi­ni­re chi non ha fede, chi non cre­de, così come c’è chi ha la pas­sio­ne per i gio­chi di ruo­lo o l’hobby di inta­glia­re il legno, e chi no. Non ha sen­so dire che que­sti han­no la pas­sio­ne di non gio­ca­re ai gdr, o l’hobby di non inta­glia­re.
(…)
Ecco la dif­fe­ren­za fra fidu­cia e fede: la pri­ma va gua­da­gna­ta, si costrui­sce poco a poco sul­la base di fat­ti, stu­di e pre­ci­se espe­rien­ze del pas­sa­to, rara­men­te arri­va al 100% e in ogni caso è sog­get­ta a con­ti­nue veri­fi­che e pron­ta a cam­bia­re (tan­to che se un buon ami­co ci tra­di­sce noi per­dia­mo fidu­cia in lui). La scien­za stes­sa per que­sto ammet­te con buon sen­so di poter sba­glia­re, e pre­ve­de di aggior­na­re le sue teo­rie nel tem­po. La fede, inve­ce, si basa su desi­de­ri e biso­gni, su inter­pre­ta­zio­ni e dog­mi. La fede vuo­le abban­do­no, accet­ta­zio­ne di tut­ta una serie di idee e di idea­to­ri, cer­tez­za sul miste­ro, tra­ve­sti­men­to di ipo­te­si in veri­tà, sospen­sio­ne di cri­ti­ca e veri­fi­ca… è fidu­cia cie­ca.
Altra dif­fe­ren­za: una cosa è la fidu­cia in qual­cu­no per­ché gli si rico­no­sce un valo­re o un’abilità, un’altra è la fede nell’esistenza di quel qual­cu­no. La secon­da per me è ingiu­sti­fi­ca­bi­le: non ha sen­so cre­de­re vera una cosa in assen­za di pro­ve, in pre­sen­za di con­trad­di­zio­ni o nono­stan­te pro­ve del con­tra­rio. Nes­su­no si sogna di cre­de­re per fede alla luna di for­mag­gio o alla pen­to­la d’oro all’inizio dell’arcobaleno… e per gli dèi è lo stes­so discor­so. Se la scien­za usas­se la fede per cono­sce­re, sarem­mo anco­ra fer­mi all’idea che il sole gira intor­no alla ter­ra e che i ful­mi­ni li lan­cia Gio­ve. Sarem­mo let­te­ral­men­te anco­ra là.
(…)
Insom­ma, un con­to è la fede asso­lu­ta, altro è una opi­nio­ne prov­vi­so­ria fon­da­ta su ogni evi­den­za del momen­to, per­ciò non astrat­ta e non dog­ma­ti­ca. Ti pare allo­ra che per non cre­de­re ci voglia il sal­to nel buio neces­sa­rio al cre­de­re?