All’ateo che pensa che le cose ‘stanno così’ e la volontà sia niente.


Pubblicato in Ateismo e Umanesimo
12 Novembre 2016
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Serie: l’uomo, l’etica, la società. 3 punti di vista atei.

La nostra natu­ra ci con­sen­te una con­vi­ven­za più feli­ce? Rispo­sta all’ateo pes­si­mi­sta, e a quel­lo cini­co.

  1. L’uomo, l’etica, la socie­tà. La nostra natu­ra ci con­sen­te una con­vi­ven­za più feli­ce?
  2. All’ateo che pen­sa che le cose ‘stan­no così’ e la volon­tà sia nien­te.
  3. All’ateo che pen­sa che l’uomo sia lupo all’uomo. Lui inclu­so.
  4. Le poten­zia­li­tà rea­li dell’essere uma­no. E dei non cre­den­ti.

[2di3]

[Ripor­to qui un mio post sul forum Uaar, che è pub­bli­co. L’u­ten­te ha scrit­to lì, non qui, quin­di mi pare giu­sto non sia cita­to. I suoi argo­men­ti, tut­ta­via, sono fra le tipi­che obie­zio­ni ad un approc­cio costrut­ti­va­men­te eti­co alla con­vi­ven­za uma­na, e in quan­to tali mi per­met­to di ripor­tar­le, con la mia rispo­sta. L’in­ten­to infat­ti non è di par­la­re del­l’u­ten­te, ma di cor­reg­ge­re alcu­ne opi­nio­ni comu­ni ad atei con un’al­tra visio­ne del mon­do. Even­tua­li rife­ri­men­ti per­so­na­li sono sta­ti qui omes­si]

Dun­que [nic­k­na­me del­l’u­ten­te],
nel­la tua ana­li­si rile­vo quel­li che mi paio­no erro­ri.
In ogni caso, men­tre da que­sta tua visio­ne del mon­do rica­vi, mi pare, un cer­to sostan­zia­le disin­te­res­se per l’im­pe­gno socia­le in sen­so eti­co, e pre­fe­ri­sci ‘volar­te­ne’ su altri pia­ne­ti, io mi gio­co lo stes­so la car­ta del miglio­ra­men­to. Del­la fati­ca qui e ora di tro­va­re un accor­do su rela­zio­ni più fun­zio­na­li.
Per­ché for­se colo­niz­ze­re­mo altri pia­ne­ti, ma nel lun­go frat­tem­po dob­bia­mo cavar­ce­la qui.

Sem­pli­ce­men­te tro­vo trop­po gra­ve la situa­zio­ne di oggi e trop­po nume­ro­si gli erro­ri che, pri­ma di arren­der­mi a que­sta situa­zio­ne per altri moti­vi anche maga­ri vali­di – l’im­pron­ta evo­lu­zio­ni­sti­ca, quel­la gene­ti­ca, quel­la ormo­na­le, e quel­la del­l’im­pos­si­bi­le con­trol­lo su tut­te le impre­ve­di­bi­li for­ze in azio­ne – pro­ve­rò ad agi­re su qual­sia­si fat­to­re sia mini­ma­men­te pos­si­bi­le influi­re.
Nel mio pic­co­lo, dal mio pic­co­lo, mi gio­che­rò la *mini­ma* pos­si­bi­li­tà di sta­re meglio, e con­vi­ve­re meglio.

L’op­zio­ne ‘è così che ci vuoi fare’, nel­la misu­ra in cui mi pare scor­ret­ta, non la con­tem­plo.

Ora, qua­li sono gli erro­ri che vedo nel­lo sce­na­rio che descri­vi?

> Io non rie­sco a capi­re il biso­gno, il desi­de­rio di ridur­re la com­ples­si­tà fino a una visio­ne bipo­la­re , o meglio lo capi­sco uma­na­men­te ma è fuor­vian­te e por­ta a gros­so­la­ni erro­ri di valu­ta­zio­ne.

Inten­di giusto/sbagliato, buono/cattivo, vantaggioso/svantaggioso, cose così?
Quan­do si par­la in gene­ra­le (mi?) è como­do usa­re ter­mi­ni del gene­re.
E pos­so­no sem­bra­re trop­po net­ti, cer­to, ma nel­le mie inten­zio­ni non sono una divi­sio­ne bianco/nero, e infat­ti in gene­re il mio discor­so è fat­to di ‘spes­so’, ‘meglio di’, ‘rela­ti­va­men­te a’, ‘con­si­de­ran­do che’, ecc. È como­do per capir­si, e per espri­me­re un pare­re, ma non le con­si­de­ro ‘veri­tà’ o ‘asso­lu­ti’.
E non lo tro­vo nean­che stra­no,
anzi mi pare… ‘natu­ra­le’: que­sti giu­di­zi deci­sa­men­te aiu­ta­no a muo­ver­si nel­la vita, ad acco­star­si a ciò che pia­ce e allon­ta­na­re ciò che non, a deci­de­re ver­so cosa orien­ta­re la ricer­ca e la tec­ni­ca, cosa evi­ta­re di cal­pe­sta­re.
Tu stes­so ad esem­pio hai par­la­to di van­tag­gio e svan­tag­gio.
Giu­di­zi di valo­re non si può non dar­ne, a meno di non far­si andar bene tut­to, di accet­ta­re indif­fe­ren­te­men­te ciò che ci fa bene e male, no?
L’im­por­tan­te è che il giu­di­zio sia obiet­ti­vo, non esclu­da vari­bi­li impor­tan­ti, e resti fles­si­bi­le.
Pro­prio per giu­di­ca­re meglio la real­tà nel suo com­ples­so e rela­ti­va­men­te a noi, non per astrar­la in pit­tu­re meta-fisiche.

> Fai distin­zio­ne fra van­tag­gio e giu­sti­zia, io no,

Beh,
c’è una distin­zio­ne di uso e signi­fi­ca­to evi­den­te, mi pare.
Se una cosa è ‘van­tag­gio­sa’ fini­sce per esse­re (più) giu­sta, se una cosa è ‘giu­sta’ non è det­to sia anche la più van­tag­gio­sa.

> per il ladro può tran­quil­la­men­te esse­re giu­sto ruba­re e per mil­le moti­vi

Esat­to.

> Ruba­re ai ric­chi per dare ai pove­ri si tra­du­ce in van­tag­gio per que­sti ulti­mi e in svan­tag­gio per i ric­chi.

Cer­to,
ed è anche più equo, più ‘giu­sto’.
Dal pun­to di vista di chi ritie­ne che gli uomi­ni meri­ti­no gli stes­si dirit­ti, non cer­to da quel­lo di chi – ad esem­pio – si ritie­ne supe­rio­re pro­prio in quan­to ric­co, o di ‘san­gue rea­le’, insom­ma diver­so e più meri­te­vo­le.
Pun­ti di vista arbi­tra­ri, ma cia­scu­na par­te vor­reb­be che il suo influis­se sul­l’al­tra. Que­sto scon­tro di valo­ri, di rife­ri­men­ti, può a vol­te esse­re così gra­ve (come in que­sto caso) che è neces­sa­rio affron­tar­lo, e pren­der­si la respon­sa­bi­li­tà del­le con­se­guen­ze.
O anche no, ma allo­ra l’al­tra par­te avreb­be via libe­ra e gio­co ben più faci­le.

> Del resto ruba­re ai ric­chi signi­fi­ca anche susci­ta­re la rea­zio­ne di repres­sio­ne che por­te­rà svan­tag­gio per alcu­ni e anco­ra dopo gene­re­rà le con­di­zio­ni per una rivol­ta con­tro il pote­re che cau­se­rà sof­fe­ren­za, mor­ti, distru­zio­ni e un nuo­vo equi­li­brio di pote­ri fino a che le inte­ra­zio­ni di caso e volon­tà por­te­ran­no altri cam­bia­men­ti con van­tag­gi e svan­tag­gi per altri sog­get­ti in una impre­ve­di­bi­le rid­da distri­bu­ti­va di pre­mi e pena­li­tà.

Slip­pe­ry slo­pe? [Fal­la­cia del Pen­dio sci­vo­lo­so]
For­se sì, for­se non si riu­sci­reb­be ad evi­ta­re la repres­sio­ne (ma neces­sa­ria­men­te?), for­se ciò por­te­rà a una rivol­ta distrut­ti­va (ma neces­sa­ria­men­te?), for­se que­sto a un nuo­vo dis-equilibrio di pote­ri (ma neces­sa­ria­men­te?), e for­se il caso ren­de­rà il tut­to impre­ve­di­bi­le (ma vano?) e pre­ca­rio (ma effi­me­ro?).
Pen­so di no, non neces­sa­ria­men­te, non effi­me­ro, non vano.
Dopo­tut­to, ne abbia­mo fat­ta di stra­da dal­la pre­i­sto­ria: i palaz­zi reg­go­no nel tem­po, e non è tut­ta e solo una guer­ra.
Come le cose mate­ria­li pos­so­no esse­re costrui­te per reg­ge­re, anche le cose psi­co­lo­gi­che.

> Lascia­mi dire che la tua visio­ne è impre­gna­ta di mora­le cri­stia­na

Ops!
No. La mora­le cri­stia­na com­pren­de cose che la mia visio­ne non ha – l’i­dea del sacri­fi­cio di sé, il por­gi l’al­tra guan­cia, il pec­ca­to ori­gi­na­le, l’in­fer­no, il dove­re innan­zi­tut­to ver­so un dio, …
E ciò che – di ‘buo­no’ e ‘giu­sto’ – si tro­va anche in essa non è cer­to esclu­si­va del cri­stia­ne­si­mo. È que­sto che le ha fat­te pro­prie da come l’uo­mo è, ed è un erro­re inver­ti­re i fat­to­ri: l’e­ti­ca è pre­cen­de­te il cri­stia­ne­si­mo ed esi­ste al di fuo­ri.
Quan­do anche il cri­stia­ne­si­mo attin­ge alla natu­ra e alle poten­zia­li­tà uma­ne con obiet­ti­vi­tà, c’è dun­que somi­glian­za, sì, ma la dipen­den­za è sua da esse, non vice­ver­sa.

> men­tre la mia è più impron­ta­ta alla mora­le paga­na greco-romana che spie­ga mol­to meglio il mon­do ( a mio mode­sto pare­re e gusto este­ti­co)

Ecco,
stai espri­men­do un giu­di­zio di valo­re.
La tua visio­ne è per te più giu­sta del­la mia, miglio­re del­la mia.
Il nodo dun­que non è nel far­lo o meno, che lo fac­cia­mo entram­bi, ma nel fat­to suc­ces­si­vo per cui io vor­rei che la mia anche gli altri la vedes­se­ro miglio­re o alme­no pre­fe­ri­bi­le, tu inve­ce – se ho capi­to bene – ti fer­me­re­sti a te stes­so. Giu­sto?

> non volen­do­lo mai risol­ve­re in ten­sio­ni oppo­ste e anti­te­ti­che.

Pos­so dire che que­sto ‘mai’ indi­ca una posi­zio­ne estre­ma,
bipo­la­re, dua­li­sti­ca?
Al di là di que­sto,
la mia opi­nio­ne è che a vol­te deci­de­re cosa è giusto/vantaggioso/concedibile e cosa no, si deve.
Le leg­gi, ad esem­pio, sono que­sto.
La scel­ta di gui­da­re l’au­to in sicu­rez­za o meno, di pic­chia­re la moglie o meno, pure.
Non-scegliere, su que­ste cose, è… svan­tag­gio­so.
Per sé, gli altri, in socie­tà.
Quin­di il nodo anche qui non è nel far­lo o meno, che lo fac­cia­mo entram­bi e anzi tut­ti, ma nel come, nel­la qua­li­tà del giu­di­zio.
Che appun­to non dev’es­se­re in bianco/nero ma obiet­ti­vo e infor­ma­to, non un asso­lu­to ma fles­si­bi­le, non impo­sto ma con­di­vi­so.
Però ci deve esse­re, no?
Eppoi dipen­de dai rife­ri­men­ti. L’o­biet­ti­vi­tà vale poco se pri­ma di essa ci sono valo­ri in base a cui ‘obiet­ti­va­men­te’ si può ruba­re, feri­re, sfrut­ta­re.

Ma l’im­por­tan­za di non far­lo, di ave­re una pro­spet­ti­va più eti­ca, diven­ta chia­ris­si­ma con­si­de­ran­do che anche il più cat­ti­vo dei cat­ti­vi *non* vuo­le esse­re deru­ba­to, feri­to o sfrut­ta­to. Allo­ra sì, gli sem­bra *giu­sto* non si fac­cia.
Ecco.

> Per­si­no gli dei per quan­to poten­ti dove­va­no sot­to­sta­re all’a­lea del­le par­che che capric­cio­sa­men­te tes­so­no e fila­no e taglia­no il filo del desti­no di cia­scu­no.

Ma non è che non agi­va­no.
Non è che non giu­di­ca­va­no.
Non è che resta­va­no fer­mi o vaga­va­no come gal­leg­gian­do nel­l’o­cea­no.
Non è che non ci pro­va­va­no, a costrui­re.
E sì, guer­reg­gia­va­no e soste­ne­va­no gi umo­ni da una par­te e dal­l’al­tra, i qua­li guer­reg­gia­va­no fra loro.
Ma ci hai mai pen­sa­to? Per­ché face­va­no la guer­ra? Una costan­te era – ed è – ciò che cia­scu­na par­te rite­ne­va *giu­sto*. Una rea­gi­va per aver subi­to o rischia­re di subi­re una *ingiu­sti­zia*, un’al­tra per suo pro­prio *van­tag­gio*.
Il bene con­tro il male è un arche­ti­po, ed ha due fac­ce.
Poi biso­gna vede­re cosa e come,
ma intan­to è un fat­to che il ‘giu­sto’, il ‘buo­no’, il ‘van­tag­gio­so’ e il ‘pre­fe­ri­bi­le’ ci accom­pa­gna­no e ispi­ra­no da sem­pre.

> Qui non si trat­ta di non agi­re, di non espli­ca­re la volon­tà (che già sap­pia­mo esse­re una illu­sio­ne) ma di sve­stir­la di cer­to misti­ci­smo posi­ti­vi­sta che non ha più ragion d’es­se­re e accet­ta­re la pre­ca­rie­tà e l’ar­bi­tra­rie­tà del­la con­di­zio­ne uma­na.

Par­li di misti­ci­smo posi­ti­vi­sta, ma fai del misti­ci­smo nega­ti­vi­sta?
A mio pare­re, qui non si trat­ta di non agi­re, di non espli­ca­re la volon­tà, né di cre­de­re che la con­di­zio­ne uma­na non sia pre­ca­ia e arbi­tra­ria. Ma di pro­var­ci nono­stan­te tut­to.
Pos­sia­mo esse­re d’ac­cor­do?

> Tu par­li d costrui­re ma costrui­re che cosa? Una socie­tà uni­ca che con­di­vi­da una serie di valo­ri mini­mi, que­sta cosa secon­do me non acca­drà mai, ci sono pro­fon­dis­si­me dif­fe­ren­za fra le varie cul­tu­re uma­ne e il con­flit­to è par­te orga­ni­ca del­la strut­tu­ra psi­chi­ca uma­na, fin­ché sare­mo uma­ni ci fare­mo guer­re.

Dal mio pun­to di vista,
quel ‘mai’ è una posi­zio­ne estre­ma che, non sapen­do leg­ge­re il futu­ro, non c’è ragio­ne di fare.
Nel­la nostra strut­tu­ra psi­chi­ca abbia­mo con­flit­to e pace, egoi­smo ed empa­tia, domi­nio e inclu­sio­ne…
Ed è pos­si­bi­le, per­ché nul­la lo impe­di­sce,
svi­lup­pa­re le secon­de e mini­miz­za­re le pri­me.

For­se, for­se, ci fare­mo sem­pre la guer­ra (altro giu­di­zio di valo­re pola­riz­za­to, a pro­po­si­to di dua­li­smi), ma nul­la ci vie­ta di pro­va­re a non far­ce­la, di inse­gna­re a non far­ce­la, di invo­glia­re a non far­ce­la.
For­se, for­se non ci riu­sci­re­mo, ma il nostro sfor­zo potreb­be ridur­re il nume­ro dei guer­ra­fon­dai, e anche solo evi­tar­ne qual­cu­na sareb­be un gran­dis­si­mo suc­ces­so. Non ne vale la pena?

> La tua è una visio­ne cen­tra­ta su con­cet­ti di bene e giu­sti­zia occi­den­ta­li che non sono affat­to mag­gio­ri­ta­ri e quin­di che fac­cia­mo? Colo­nia­li­smo eti­co?

Bof,
per­so­nal­men­te mi pre­oc­cu­po del mio ter­ri­to­rio e tro­vo che ci sia già tan­to da fare.
Allar­ga­re il discor­so si può e si deve, ma è un altro affa­re.

Ma, sì, anche all’in­ter­no di un Pae­se si dovreb­be fare ‘colo­nia­li­smo eti­co’.
Già si fa!
Lo Sta­to ha una costi­tu­zio­ne in cui si dan­no tut­ta una serie di *giu­di­zi di valo­re*.
In base ad essi, tut­ta una serie di leg­gi obbli­ga­no e con­ce­do­no.
Colo­niz­za­zio­ne? Sì.
Ma, di nuo­vo: il nodo anche qui non è nel far­lo o meno, che già lo fac­cia­mo ed è nor­ma­le e dove­ro­so far­lo, ma nel come, nel­la qua­li­tà del giu­di­zio.
Nel­la qua­li­tà dei prin­cì­pi di rife­ri­men­to,
nel­la qua­li­tà del­le leg­gi.
Arbi­tra­ris­si­me, ma non è che non ci sono. Non è che pos­sia­mo far­ne a meno.
E non è che pos­sia­mo fare fin­ta che que­sta non sia una scel­ta *eti­ca*.
E che qual­cu­no ne reste­rà scon­ten­to.

Serie: l’uomo, l’etica, la società. 3 punti di vista atei.

La nostra natu­ra ci con­sen­te una con­vi­ven­za più feli­ce? Rispo­sta all’ateo pes­si­mi­sta, e a quel­lo cini­co.

  1. L’uomo, l’etica, la socie­tà. La nostra natu­ra ci con­sen­te una con­vi­ven­za più feli­ce?
  2. All’ateo che pen­sa che le cose ‘stan­no così’ e la volon­tà sia nien­te.
  3. All’ateo che pen­sa che l’uomo sia lupo all’uomo. Lui inclu­so.
  4. Le poten­zia­li­tà rea­li dell’essere uma­no. E dei non cre­den­ti.