Spedita ai maggiori quotidiani il 03/10/2007 - Caro direttore,
la tragedia in Birmania fa cogliere il momento ad Avvenire per l’ennesimo sgambetto al mondo ateo (“Straordinaria rivolta popolare”, 1 cm). “Da buddista qual è”, scrive “questo popolo sta cantando in maniera eroica un suo splendido inno alla libertà”, perché lotta per “affermare i diritti umani più sacrosanti”. Una lezione da non ignorare, “specie noi cristiani”. Giusto, ma perché specialmente loro? Non suscita forse la medesima ammirazione – e subbuglio – in tutti coloro che abbiano fatto propria l’etica del rispetto e della giustizia?
Come per i buoni cristiani e i credenti di tante altre religioni, così è infatti per gran parte del movimento ateo, il quale oggi si risveglia centrandosi sull’umanesimo, filosofia di vita che ha fatto sua quell’etica, quei valori e diritti, pur senza uscire dalla natura.
Eppure, non è questa la lezione che Avvenire riserva agli atei umanisti. Si limitino essi ad essere i soliti atei frivoli e sconsiderati, e ricordino la Birmania quando sentono i loro maestri affermare “morte alle religioni, naturali nemiche del progresso”. Quale caricatura dell’ateismo, quale povera interpretazione dell’umanesimo!
Sorprende la difesa delle ‘religioni’, stavolta, da parte di chi crede che sia il proprio dio la fonte dell’etica, e tuttavia non basta! All’Avvenire sembra mancare il quadro generale: non solo quella tesi è mal sintetizzata (per evitare forse una serena, ma doverosa, autocritica?), non solo non è tale il messaggio completo dell’umanesimo ateo di oggi, ma quell’etica, quei valori e diritti – “anima della nostra cultura, fondamento del progresso” – non sono affatto esclusiva del cristianesimo, né delle religioni. Essi appartengono e derivano dagli esseri umani, come tutti i tempi testimoniano e proprio oggi ci ricorda un popolo che non è cristiano e non crede in alcun dio, e l’indignazione del mondo intero. Sceglierli dunque è segno di maturità intellettuale ed emotiva, non di religione in particolare.
C’è da chiedersi se si tratta di una banale svista, di semplice ignoranza, o se ogni occasione è buona – anche questa – per fare pregiudizio e propaganda.