A che pro? Voglio dire, a che pro leggere la bibbia alla Rai? La Rai, servizio pubblico di uno Stato laico, non dovrebbe ridursi a fare servizietti alla chiesa cattolica, no? Cioè, le cose sono 2: o non lo fai proprio, o dai a *tutte* le confessioni cristiane, religioni e filosofie di vita (come l’umanesimo ateo) lo stesso spazio. Non vi pare? Questa sì che sarebbe cultura. Nel desiderio di dare a tutti dei veri spunti di riflessione sulla vita, e non solo quelli cristiano-cattolici, la Rai sì che farebbe la sua porca figura.
Invece si trasforma volentieri in una emittente clericale (ne mancassero!) – pagata con i soldi degli italiani, cioè anche dei non cattolici (20% circa) – e nel modo più ipocrita lancia una maratona di una dico una intera settimana, togliendo spazio a programmi che potrebbero essere ben più educativi (a farli!), e proponendo una semplice, banale lettura della bibbia (sarà perché è il libro più stampato ma meno letto al mondo?) senza alcuna, e dico alcuna, spiegazione aggiuntiva, nota a margine o riflessione di senso. Così, si beva, si mandi giù, e buonanotte.
È uno show, nient’altro che tele-evangelismo vestito da intellettuale, che come al solito sarà guardato acriticamente (e più o meno distrattamente) da spettatori soddisfatti e senza domande, e pochi saranno quelli che troveranno nei pezzi più oscuri, violenti e contraddittori della bibbia un qualcosa per cui dubitare.
Un successo!
Complimenti alla Rai e a tutti quelli che non vedono il problema.
Inclusa, naturalmente, la gerarchia cattolica, la quale – nella persona del signor ratzinger – si è impegnata ad aprire la settimana con il primo capitolo della Genesi, ma non ha trovato ancora un momento per avviare quel processo di cura della maledetta piaga della pedofilia all’interno del suo clero, come aveva annunciato al mondo di voler fare.
Una necessità urgente, disse (finalmente) in Usa quest’anno. E il mondo c’è cascato ancora: the show must go on.