Il bisogno d’amore, l’amore tradito, l’illusione.


Pubblicato in Ateismo e Umanesimo
16 Settembre 2015
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Ludwig Feuerbach, Dio, amore, uomo

L’a­mo­re di Dio per l’uo­mo – cen­tro e fon­da­men­to del­la reli­gio­ne – è la pro­va più chia­ra, più irre­fu­ta­bi­le che l’uo­mo nel­la reli­gio­ne con­tem­pla sé stes­so come un ogget­to divi­no, come un divi­no sco­po, e che i suoi rap­por­ti con Dio non sono che rap­por­ti con se stes­so, con il suo pro­prio esse­re.” (Lud­wig Feuer­bach)

Già. Poi, se mi chie­do per­ché mai dovrem­mo desi­de­ra­re di illu­der­ci su que­sto, di inven­tar­ci di esse­re ama­ti, per­ché dovreb­be bastar­ci da per­so­ne pur sane e intel­li­gen­ti, mi rispon­do che diven­ta pos­si­bi­le solo quan­do il nostro biso­gno d’a­mo­re è sta­to così tra­di­to nel­le rela­zio­ni rea­li, da non aver­ci lascia­to altra scel­ta.
L’in­fan­zia è il momen­to per­fet­to.
Nel PMUA dedi­co un capi­to­lo a que­sta idea (Che biso­gno c’è di cre­de­re?), e scri­vo:

Se poi la ricer­ca pri­ma­ria d’amore e rispet­to in fami­glia è fal­li­ta, come non spe­ra­re che oltre le nuvo­le esi­sta quel geni­to­re idea­le di cui abbia­mo fol­le­men­te – uma­na­men­te – biso­gno? Il tra­di­men­to del­le neces­si­tà infan­ti­li non ne spe­gne il desi­de­rio, lo devia all’infinito, nell’idealizzazione, nel tra­scen­den­ta­le: non-luoghi dove pos­sia­mo final­men­te esse­re ama­ti come sia­mo da un geni­to­re e una gui­da sicu­ra. E total­men­te con­trac­cam­bia­re”.