Scopro oggi che in home sul sito Uaar campeggia fra le altre slide un bel richiamo all”Umanismo’ e ai suoi princìpi. Ne ho grande piacere personale, mitigato dal fatto che non si tratta di una aperta presa di posizione a favore. Tuttavia se ne parla, e lo si apprezza come tale.
Malgrado le incertezze (un paio anche di contenuto, non a caso) trovo sia estremamente positivo. L’Uaar è una associazione fortemente rappresentativa a cui ancora manca questo ‘pezzo’ a mio avviso essenziale.
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25 novembre, Giornata anti violenza donne. Perché parlarne?
2 giorni dopo la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne mi capita di leggere un post che, in un sospiro di rassegnazione anche giusto, rileva come la violenza sia sempre violenza, e differenziare, ghettizzare, è per non ammettere che la violenza è generata dalla società quando c’è un altro, un diverso. Che è vittima al di là del motivo della sua diversità.
In fondo siamo tutti umani, ricorda giustamente, nessuna violenza è accettabile.
Solo che non è sempre così. Cioè, siamo umani, certo. E l’atto violento non è accettabile, senz’altro.
Ma la violenza non è uguale né per qualità né per quantità.
Quando i numeri ci dicono che sono 116 le donne, e non gli uomini, ad essere state ammazzate da uomini, e non da donne, al novembre di quest’anno (il conto non è chiuso, il 2016 non è ancora finito), perché come donne sono considerate un pos-sesso debole, forse è il caso di sensibilizzare anche proprio nello specifico. Senza forse.
Come per quella sui bambini, per dire.
Serve, parlarne. Tipi di violenze, tipi di violenti, colpevoli da identificare, dinamiche da riconoscere e prevenire, gente cui far prendere coscienza di fenomeni precisi.
Che sono sociali, sì, ma non senza cause e quindi non senza rimedi.
Se prima li identifichiamo fra gli altri.
Costituzione, prossimo referendum: le ragioni del mio NO.
L’Italia ha problemi che *questa* modifica alla Costituzione *non* affronta e non risolve, sicché non si capisce tanta passione nel puntarci sopra.
Una riforma non si fa tanto per riformare, per non ‘restare immobili’, né per far finta di non restare immobili. Una riforma si fa se è utile, dove è utile. Specie se alla nostra Costituzione.
Si supera il bicameralismo perfetto? Sì, ma non il bicameralismo.
Il senato rimane, non più eletto dai cittadini ma dai partiti, composto da sindaci e consiglieri regionali che diventano part-time, godranno d’immunità e rimborsi spese.
Si abbattono i costi della politica? Di pochissimo.
Nonostante gli annunci pubblicitari di governo e sostenitori del sì, Continua ⋯▸
Le potenzialità reali dell’essere umano. E dei non credenti.
[Update]
Giorni fa sul forum Uaar avevo iniziato un discorso sull’effettiva possibilità di migliorare la nostra società con due altri atei che esprimevano forti riserve.
Il ‘Cinico’ per ora ha rinunciato, mentre il ‘Pessimista’ riprende senza considerarare davvero i miei argomenti, ma aggiungendo esempi a suo favore e ripetendo alcuni concetti.
Mi sta bene: forse esaminare il tema da un ulteriore ‘angolo’ può essere utile, perciò gli offro qualche altra idea.
L’intenzione è triplice: Continua ⋯▸
All’ateo che pensa che l’uomo sia lupo all’uomo. Lui incluso.
[3di3]
[Riporto qui un mio post sul forum Uaar, che è pubblico. L’utente ha scritto lì, non qui, quindi mi pare giusto non sia citato. I suoi argomenti, tuttavia, sono fra le tipiche obiezioni ad un approccio costruttivamente etico alla convivenza umana, e in quanto tali mi permetto di riportarle, con la mia risposta. L’intento infatti non è di parlare dell’utente, ma di correggere alcune opinioni comuni ad atei con un’altra visione del mondo. Eventuali riferimenti personali sono stati qui omessi]
> Hai voglia a combattere il wishful thinking
> Però no, lui non vuole violentare la natura umana né forzatamente trasformare tutti i lupi in cani che di esser cani non se lo sognan neppure
> per il mio vantaggio accolgo ben volentieri lo svantaggio di molti altri
> Dovrebbe esser ovvio, ma ad alcuni piace seppellire i sensi di colpa nell’ipocrisia. Chissà a quanti fotte realmente sega dei bambini che muiono di fame in Africa ad esempio
> Esattamente (ne conosco pure qualcuno), però se provi a dire che ti fottesega dei bambini che muoiono di fame sei considerato male se non un mostro (e parimenti per analoghe questioni) da una selva di ipocriti che se ne sbattono tanto quanto te
> Direi proprio un misto di poca consapevolezza e poca accetazione di sé. Non tuttti sono in grado di riconoscere ed accettare di essere intimanente bastardi
[nickname dell’utente],
per me anche la tua lettura lascia a desiderare,
ma più di quella di [nickname dell’utente].
Commetti gli stessi errori di analisi, ma ci aggiungi un’acrimonia particolare.
C’è proprio che miri a denigrare chi pensa si possa fare qualcosa di buono e, nel caos in cui viviamo, magari ci si sforza pure.
Ti serve dare l’idea che l’altro ragioni per idealismi e utopie, e che non sia sincero ma ipocrita, superficiale, illluso, inconsapevole.
Sorry, questi sono ad hominem. Continua ⋯▸
All’ateo che pensa che le cose ‘stanno così’ e la volontà sia niente.
[2di3]
[Riporto qui un mio post sul forum Uaar, che è pubblico. L’utente ha scritto lì, non qui, quindi mi pare giusto non sia citato. I suoi argomenti, tuttavia, sono fra le tipiche obiezioni ad un approccio costruttivamente etico alla convivenza umana, e in quanto tali mi permetto di riportarle, con la mia risposta. L’intento infatti non è di parlare dell’utente, ma di correggere alcune opinioni comuni ad atei con un’altra visione del mondo. Eventuali riferimenti personali sono stati qui omessi]
Dunque [nickname dell’utente],
nella tua analisi rilevo quelli che mi paiono errori.
In ogni caso, mentre da questa tua visione del mondo ricavi, mi pare, un certo sostanziale disinteresse per l’impegno sociale in senso etico, e preferisci ‘volartene’ su altri pianeti, io mi gioco lo stesso la carta del miglioramento. Della fatica qui e ora di trovare un accordo su relazioni più funzionali.
Perché forse colonizzeremo altri pianeti, ma nel lungo frattempo dobbiamo cavarcela qui.
Semplicemente trovo troppo grave la situazione di oggi e troppo numerosi gli errori che, prima di arrendermi a questa situazione per altri motivi anche magari validi – l’impronta evoluzionistica, quella genetica, quella ormonale, e quella dell’impossibile controllo su tutte le imprevedibili forze in azione – proverò ad agire su qualsiasi fattore sia minimamente possibile influire.
Nel mio piccolo, dal mio piccolo, mi giocherò la *minima* possibilità di stare meglio, e convivere meglio.
L’opzione ‘è così che ci vuoi fare’, nella misura in cui mi pare scorretta, non la contemplo. Continua ⋯▸
L’uomo, l’etica, la società. La nostra natura ci consente una convivenza più felice?
[1di3]
A me l’argomento piace,
perciò in genere non sono io ad iniziarlo. Quando esce in una discussione dico molto volentieri la mia.
Stavolta è capitato nel forum dell’Uaar, e se mai serviva una prova che essere atei non dice proprio nulla di chi siamo e di come la pensiamo, si prenda tranquillamente a paradigma l’episodio. 😉
L’umanista, il cinico e il pessimista.
La partenza è lenta, perché il 3d aveva un altro topic. Do una risposta rapida a un utente, che così sconsolato dice:
Interessante, no?
Risponde che non è pessimista – “almeno non mi considero tale” – ha semplicemente “fotografato il mondo come è adesso”, che “la volontà da sola non serve a niente” se non aiutata da altri fattori che però “sono fuori dal controllo”.
La volontà dell’uomo “già sappiamo essere una illusione”, occorre “svestirla di certo misticismo positivista” e “accettare la precarietà e l’arbitrarietà della condizione umana”.
Mmm. Non pessimista? Ok.
Mentre scambio qualche opinione con il Pessimista Continua ⋯▸
Felicità per tutti! Tantissima, ma non senza limiti.
Sul forum Uaar in una recente discussione un credente difende così la sua scelta di credere:
“La felicità è uno stato della mente individuale e può essere valutato solo da chi vive questo stato. Ciò che induce o provoca questo stato è diverso da individuo ad individuo. Tu puoi parlare solo della tua.
A ciascuno la sua felicità”.
Il che, detto da un cattolico, è anche carino. Cioè, non so in che misura lo abbia detto solo per riaffermare in mezzo a non credenti il diritto di chi ha fede a trovarvi la felicità, ma certamente ha anche abbattuto per un post un concetto principe della sua stessa dottrina: che la fonte della felicità dell’uomo è in Dio, e non ci piove.
Comunque, gli risponde un ateo razionalista e molto pratico:
Certo. Che ognuno cerchi la propria felicità. Per conto proprio. Come desidera.
Ma senza soldi pubblici. Facile, no?
Giusto, ma anche questo incompleto. Dato che l’argomento – felicità dell’uomo! – mi è molto caro, formulo la mia risposta: Continua ⋯▸
Ad Ancona, il 31: “Religioni e Democrazia. Il diritto alla laicità”.
“Paolo Flores d’Arcais, filosofo e direttore della rivista Micromega, nel suo ultimo libro “La guerra del sacro. Terrorismo, laicità e democrazia radicale”, si interroga sul dialogo pubblico con le religioni dopo gli attentati del 2015 in Francia, da Charlie Ebdo al Bataclan, tenendo come bussola etica la necessità di una reale laicità della democrazia.
A dialogare con lui c’è l’imam Izzedin Elzir, presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia (Ucoii), di fatto la massima autorità islamica in Italia, in un confronto serrato tra radici e attualità, tra le ragioni delle religioni e i principi della laicità”.
Occidente, laicità e burkini. Lettera aperta a Flores d’arcais
Spedita ai maggiori quotidiani il 20/08/16.
Rif. Polemica burkini, divieto ‘laico’.
Spedita in due lunghezze. La seconda sotto.
Carissimo Flores d’Arcais,
non condivido la sua conclusione sul burkini (“Perché è giusto vietare il burkini”, Repubblica, 18/08) e da ateo umanista le dirò perché.
Sì, nell’Islam radicale esiste un problema di non-libertà e di non-uguaglianza della donna. Una piaga ripugnante che produce sofferenze, anche delle più raccapriccianti. E sì, è urgente che uno Stato laico lo affronti come tale, senza ipocrisie finto-liberal.
E tuttavia, vietare tout-court il burkini è stato e sarebbe un errore. Il burkini, infatti, non è il burqa.
Assimilare il primo al secondo, che invece copre anche il viso e persino gli occhi, e individuarvi i lampi di una sprezzante imposizione piuttosto che – anche, soprattutto? – la prosecuzione di una consuetudine feriale, sembra dunque ingiusto.
È possibile, ma non è detto, che dietro a un abito lungo ci sia una donna usata o plagiata, e lei ed io sappiamo anche che è possibile, ma non è detto, che sotto al due pezzi ce ne sia una emancipata, libera, felice, rispettata. Puntiamo il dito allora, ma sull’etica che ci manca.
Nel doveroso, inesausto impegno dello Stato a protezione della donna e della giustizia, si colga l’occasione per Continua ⋯▸