Inviata ai maggiori quotidiani il 11/09/2007 – Caro direttore,
converrà che, se uno stimato intellettuale lancia un messaggio all’Europa intera, è bene rifletterci sopra. E se a farlo è il Papa, credenti e non credenti siamo tutti chiamati a rispondere, tanto per la levatura del personaggio quanto per la sua intenzione di parlare, appunto, a tutti.
Cosa pensare allora delle sue ultime parole, quelle pronunciate in Austria? Interessanti e condivisibili quelle sulla paura del futuro e sui bambini sfruttati e non amati. Ma poi, perché invitare a povertà, castità e obbedienza in un mondo che soffre?
Perché dovremmo dimenticare e perdere noi stessi, anche fosse che un dio ci ama? Cosa c’è di male nella realizzazione di sé? Perché insistere sul sacrificio per gli altri, e non chiedere invece un legittimo equilibrio? E ancora: perché piccarsi sulle radici cristiane, scordando ogni altra, e come se una tradizione non sia criticabile e superabile?
Infine: perché scambiare l’insofferenza alla Verità per assenza di verità, come pretendere che la ragione giustifichi la fede quando non c’è prova di alcun dio, e perché sottoporre la scienza ai limiti non dell’etica ma del divino?
Affermazioni del genere, a me come a molti non sembreranno affatto profonde, né convincenti. Quel che è peggio, esprimono un’etica controversa e una proposta di vita lontana da un vero umanesimo, in cui il sacrificio non escluda il benessere e il dovere verso un dio non si opponga al rispetto reciproco. Su questo mi auguro a maggior ragione che si rifletta e si discuta.