Simone, un nuovo lettore, mi scrive una email di commento al Piccolo Manuale di Umanesimo Ateo dal suo punto di vista di credente, e propone di pubblicare lo scambio di idee sul blog. Interessante! Fissiamo insieme un limite di 2 o 3 passaggi, e cominciamo.
Mi scrive:
Ciao Morgan,
mi chiamo Simone, ho 26 anni e sono un ancora per pochissimo studente universitario.
Per quanto sia inutile ai fini della mia comunicazione, sono un tesserato di azione cattolica, un animatore di gruppi, un responsabile del settore giovani, un parrocchiano. Definiscono inutile la mia presentazione perché desidero, in questo caso, che la mia identità non sottragga attenzione alle mie considerazioni.
Ti ringrazio da subito perché le tue domande, le tue insinuazioni e le tue dimostrazioni sono fonte di grandissimo stimolo ed ispirazione. Io credo sempre che non bisogna tenersi lontano dal confronto, non esiste ragione che ci possa sottrarre da questo. La verità non può tenere paura per nulla; per quanto assurdo, la contrapposizione la rafforza, la lavora, la lucida, la rende ancora più perfetta, affascinante, seducente ed irresistibile.
Fosse per me (lo giuro!) metterei uno come te a parrocchia: faresti un gran bene, ci obbligheresti a rendere conto della nostra fede, non ci daresti tregua: saremmo, noi credenti, molto più veri, autentici e coscienti come cristiani.
Chiaramente ho visitato, in modo sommario lo ammetto, il tuo sito. È impeccabile sulla grafica, sull’organizzazione e tutto il resto. Ma non è questo il punto.
Mi sono scaricato il Piccolo manuale e l’ho trovato del tutto innocuo come attacco al cristianesimo e alle religioni in generale. Per me hai mancato completamente l’obiettivo. Altro che frizzante, calma piatta. Hai analizzato la questione con lo strumento sbagliato e dal verso sbagliato. Hai intrapreso questa critica mantenendo sempre ed esclusivamente il tuo punto di vista. Ma la religione è di per sé un punto di vista. È come interpretare il gioco del rugby con le regole dell’ippica. Appare ovviamente assurdo, confuso, incoerente. È come cercare di guardare con le orecchie, camminare con la psiche. Come un occidentale che giudica prive di senso o peggio inferiori le tradizioni delle popolazioni pigmee. Come studiare l’astronomia con l’oroscopo.
Io credo che la religione parli della vita nel senso più intimo, più esistenziale e per questo esiste un solo metro di giudizio, una sola è la prova del fuoco possibile: la vita stessa. Gesù non hai mai voluto convincere nessuno in base alla ragionevolezza delle sue idee, anzi: Gesù non ha mai proposto idee. Cristo ha proposto un incontro, una esperienza concreta, assurda, paradossale, divina, rivoluzionaria. Non una filosofia di vita! Non un partito!
Se la religione dovesse venire incontro alla tua ragione, qual è il senso della sua esistenza? E se qualcuno ti ha fatto credere questo si sbaglia, ha toppato alla grande. Ebbene, vuoi dimostrare che qualsiasi religione non abbia senso? Hai solo una scelta: viverla, obbedirle. Sono le poche volte che l’ho fatto, per assurdo, che ho conquistato la libertà. Questo è l’unico bancone di prova, solo su questo campo, solo da questa prospettiva puoi perseguire il tuo scopo. Le religioni sono piene di contraddizioni, incoerenze, per forza! Perché la vita lo è! Le religioni parlano, discutono di vita in tutte le sue forme, parlano la stessa lingua.
Il difetto è che sei partito dall’effetto, non dalla causa: l’amore di Cristo. Il cristianesimo è assolutamente vuoto se non letto da questo punto di vista. Che senso ha la croce? La morte di un messia? Nessuno, se ci limitiamo a ragionare. “Ad esempio qualcuno, molto credente, potrebbe dispiacersi davvero tanto, nel capire che ha sempre avuto torto”. Quello che è in ballo non è avere ragione o avere torto, ma è l’esistenza ed il senso di questa.
Grazie per la disponibilità.
Simone
P.S. che ne dici di pubblicare il mio intervento sul blog? Sarebbe utile ed interessante dare spazio ad un confronto aperto con tutti.
La tesi di Simone sembra essere questa: mettersi a fare razionalmente ‘le pulci’ al cristianesimo non ha alcun senso. Il punto è viverlo, accettarlo e obbedirgli, solo allora sarà chiaro quanto è reale e appagante. Gli mando la mia risposta, chiedendogli conferma per la pubblicazione. Mi dà l’ok e gli confermo a mia volta che la sua sarà pubblicata a seguire. Ecco dunque cosa penso:
Ciao Simone!
È strano, prima mi elogi per le mie ‘insinuazioni e dimostrazioni’, e poi le scarti in blocco come innocue e inefficaci. Mi pare una curiosa contraddizione, a meno che tu non intenda soltanto dire che la semplice ‘contrapposizione’ di qualsiasi argomento, per il solo fatto che si oppone, rende forte la tua fede.
Se ho capito bene, il tuo unico argomento è stato: ‘la fede si deve viverla, obbedirle, questo è l’unico banco di prova’. Infatti, dici, ‘il cristianesimo è assolutamente vuoto se non letto da questo punto di vista. Viceversa si conquista la libertà. Quello che è in ballo non è avere ragione o avere torto, ma è l’esistenza ed il senso del Messia in croce’.
L’argomento è debolissimo, a mio avviso.
L’esistenza o meno della croce, di un Messia e del resto, nei termini definiti dalla teologia, è proprio materia di ragione o torto: è così che è andata, o possiamo dubitarne? Il senso attribuito a quegli eventi ha senso?
Il cristianesimo non è affatto ‘vuoto’ da questo punto di vista, dal momento che riempie, giudica e condiziona la vita del credente. Per questo bisogna che sia indagato, verificato, e rapportato alla nostra sensibilità personale, perché proprio se regge e passa questo esame in tutto possiamo dargli un peso nella vita, e accettare l’idea del ‘divino’.
Se invece dici che occorre solo viverla (al di là di ragione o torto) e obbedirle, subito penso che si può fare con qualsiasi filosofia di vita, anche la più sciocca, e che sarebbe quanto meno ingenuo da parte nostra. Non vedo come il senso di libertà che si ricava sempre quando semplicemente si obbedisce, si lascia fare ad altri, si sottostà e si demandano le proprie responsabilità, possa avere valore. È mica così che dovremmo vivere? Forse non intendi questo, e allora ti chiederei di spiegarmi meglio che intendi nel tuo caso.
Se intendi che nel viverla e obbedirle dio si rivela e tutto torna, ti chiedo come puoi essere sicuro che sia Dio (e il tuo, dio) a rivelarsi, visto che per principio e senza verificare hai già accettato l’idea. Quando si vive per fede in un certo modo, per fede ogni cosa si ‘legge’ come una conferma, ma lo è? Questo incontro spirituale, interiore, non è troppo esposto a interpretazioni personali, fatte di bisogni, desideri, paure e riflessi sociali, tali da condizionare facilmente il giudizio sulle nostre sensazioni, forti quanto vuoi ma naturali?
Ti chiedo anche perché dovremmo semplicemente obbedire, come se in questo (da servi?) noi ci realizzassimo davvero. Ti chiedo pure perché abbandono acritico e obbedienza debbano essere le premesse della certezza, e della felicità. Perché mai un dio dovrebbe volere questo, per rivelarsi?
In realtà, penso proprio di non aver affatto usato ‘lo strumento sbagliato dal verso sbagliato’ nel mio approccio alle religioni e al cristianesimo in particolare. Ho esaminato eccome le cause, oltre che gli effetti. Esse si compongono di un sacco di precetti, di storie, di dogmi – oltre che esperienze – che sarebbe dal mio punto di vista assurdo e rischioso semplicemente ‘vivere e obbedire’. La mia idea dunque, che immagino condividi per le altre religioni, è che esse debbano essere piuttosto prese in carico col loro bagaglio di credenze e verificate nella loro essenza. E con la ragione – scienza, storia, logica – si ricava che esse sono false o non provabili, dunque inaffidabili. Ma c’è di più: forse, nel tuo leggere il Piccolo Manuale (sommario, come dici), non hai potuto notare quanto la mia analisi e le mie conclusioni non si basino affatto soltanto sulla ragione, ma anche sul cuore. Da ateo umanista..
Del cristianesimo valuto l’etica, i metodi di insegnamento, i princìpi sui rapporti umani e quelli del rapporto con dio. E anche attraverso di esso – il mio cuore, la sensibilità, la compassione, la passione – ebbene lo trovo mancante, e spiego a lungo perché.
Ritengo che questa idea del viverlo e obbedirgli al di là della sua verità, della sua etica e della sua giustizia – se ho capito bene la tua idea – non sia contrapposta alla ragione, ma a ragione e cuore. Entrambi possono – e dovrebbero – giudicare filosofie e concezioni di vita che ci vengono proposte, l’una nel senso della verità e realtà, l’altra quanto a serenità e benessere. Queste, dopotutto, sono le migliori ‘regole del gioco’ della nostra vita, no? Abbandondosi, non si fa né l’una né l’altra cosa, si è contenti e basta. Ma in un modo a mio avviso poco maturo e irresponsabile.
Che ne pensi? Cosa mi dici delle ragioni per non credere che porto nel PMUA? Razionalmente sono forti, valide? Emotivamente, sono profonde e liberatorie? Davvero non servono? Cioè, davvero il cristianesimo è solo incontro e obbedienza? Si può proprio dire che abbandonarsi e obbedire acriticamente porta alla verità? E al nostro bene?
Ciao!
Andrea