In due recenti e distinte occasioni (1, 2), gli onorevoli Udc Casini e Giovanardi esprimono il medesimo, destabilizzante concetto. Piuttosto irritati da chi la critica per le pressioni politiche e gli ovvi privilegi economici, ringraziano la Chiesa cattolica per quello che fa nel sociale, non accanto ma al posto della politica. Entrambi ammettono che ad occuparsi di tali importanti questioni dovrebbe essere proprio quest’ultima, che però a volte “non arriva” (Giovanardi) o addirittura è “spaventosamente assente” (Casini).
Ma anziché considerare una colpa gravissima l’aver rinunciato a un compito fondante, e in quanto politici alzare il culo per fare subito qualcosa e porvi rimedio, per propria dignità oltre che per i cittadini, doverosamente, i due parlamentari sono più che soddisfatti di fregarsene, perché qualcun altro sta facendo il lavoro al posto loro: grazie a Dio c’è la Chiesa!
Essa svolge una “formidabile funzione di supplenza dello Stato” (Giovanardi), dunque dovremmo tutti “essere grati alla Chiesa per il ruolo di supplenza che svolge sui temi fondamentali”. Chiesa madre, maestra e supplente.. ovviamente per il nostro bene.
Ma perché lo Stato dovrebbe ricorrere a una supplenza, cioè farsi sostituire, sui temi fondamentali?
Io trovo *destabilizzante* la tranquillità con cui dei *politici* ammettono intenzione e piena responsabilità nel *non fare* qualcosa di essenziale alla società, per la quale sono stati eletti e che è certamente in loro potere pianificare, organizzare, far realizzare. E trovo profondamente ingiusto che questa loro mancanza serva a giustificare l’azione pervasiva della chiesa nel nostro sociale (si noti che molto viene pure da associazioni laiche di volontariato, ma quasi tutto è fatto risalire a quella), per il fatto che essa non è soltanto opera morale, ma anche (e in teoria prima di tutto) dottrina, la quale anche attraverso queste opere viene diffusa, e proprio grazie ad esse viene esaltata.
Incredibile: prima lo Stato rinuncia e abdica, poi celebra come nobile e necessario (finanche ‘ispirato’!) chi raccoglie il testimone lasciato cadere a bella posta.
Indubbiamente nobile è un’opera di bene, ma potremmo discutere sia dell’efficacia che sulla destinazione di quei fondi miliardari, oltre che su *quanto* in effetti nobile sia – non suoni inutile polemica – quando è semplice obbedienza a un comando divino per piacere di quel dio (con eventuale, splendida, ricompensa futura), e non invece spinta interiore al bene dell’uomo per il bene dell’uomo. È a questo tipo di spinta, a mio avviso senz’altro più nobile ed etica perché realmente spontanea e gratuita, che la politica (quasi tutta) oggi assurdamente rinuncia. Precisamente allo scopo di rendere necessaria la presenza della Chiesa, persino a costo della sua dignità!
Nobile ma non necessaria, dunque. E, senza quest’idea, cosa resterebbe della chiesa? Se fosse la politica, diciamo pure *anche* la politica, ad agire legittimamente in questo medesimo campo dell’altruismo e della solidarietà, quanto sarebbe essenziale l’azione della Chiesa? E come si rifletterebbe questa nuova, più corretta immagine di essa sulla sua diffusione e il successo che usiamo regalarle?
Certamente cambierebbe la nostra percezione della Chiesa, all’improvviso sarebbe meno nobile e meno necessaria. Al contempo, l’azione della politica mostrerebbe che non è necessario essere ‘ispirati’ da un dio per far del bene, e che anzi senza dio si può fare pure meglio.
Intesi, un dio può sempre essere creduto dietro alle opere di bene di un credente, ma sarebbe meno scontato, meno indispensabile crederlo, dunque meno forte l’influenza della chiesa, che inevitabilmente diverrebbe meno seguita nella sua dottrina, le cui specifiche lacune (storia, logica, etica) verrebbero più facilmente a galla e prese sul serio.
È facile capire come fra i politici cattolici o devoti simpatizzanti (la maggioranza, come dimostra il voto dell’8 novembre sull’Ici per immobili della Chiesa a impiego commerciale: 240 contrari, *12* favorevoli, 48 astenuti) non si abbia alcun interesse a far sì che tutto questo avvenga. Vuoi per tornaconto legato alla propria immagine (buon credente=voti facili), più ancora nel caso di sincera fede, com’è certamente per alcuni. Ma basta voler foraggiare la Chiesa per negare le proprie responsabilità pubblicamente senza conseguenze? Basta questo per non fare quanto è nei compiti della politica? Basta per negare nobiltà a una scelta laica e umanista, e a continuare il mito di quella cattolica non perché la sola in grado, ma perché la sola a cui si dia l’opportunità?
Insomma, dovremmo essere semplicemente grati alla Chiesa per il bene che fa, o piuttosto incazzati con questa politica pusillanime, che ritiene la chiesa più importante di sé stessa? La prima non esclude l’altra.