Felicità per tutti! Tantissima, ma non senza limiti.


Pubblicato in Ateismo e Umanesimo e Religioni e sètte
28 Agosto 2016
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Sul forum Uaar in una recen­te discus­sio­ne un  cre­den­te difen­de così la sua scel­ta di cre­de­re:

La feli­ci­tà è uno sta­to del­la men­te indi­vi­dua­le e può esse­re valu­ta­to solo da chi vive que­sto sta­to. Ciò che indu­ce o pro­vo­ca que­sto sta­to è diver­so da indi­vi­duo ad indi­vi­duo. Tu puoi par­la­re solo del­la tua.
A cia­scu­no la sua feli­ci­tà”.

Il che, det­to da un cat­to­li­co, è anche cari­no. Cioè, non so in che misu­ra lo abbia det­to solo per riaf­fer­ma­re in mez­zo a non cre­den­ti il dirit­to di chi ha fede a tro­var­vi la feli­ci­tà, ma cer­ta­men­te ha anche abbat­tu­to per un post un con­cet­to prin­ci­pe del­la sua stes­sa dot­tri­na: che la fon­te del­la feli­ci­tà del­l’uo­mo è in Dio, e non ci pio­ve.

Comun­que, gli rispon­de un ateo razio­na­li­sta e mol­to pra­ti­co:

Cer­to. Che ognu­no cer­chi la pro­pria feli­ci­tà. Per con­to pro­prio. Come desi­de­ra.
Ma sen­za sol­di pub­bli­ci. Faci­le, no?

Giu­sto, ma anche que­sto incom­ple­to. Dato che l’ar­go­men­to – feli­ci­tà del­l’uo­mo! – mi è mol­to caro, for­mu­lo la mia rispo­sta:

La vedo un po’ più com­ples­sa di così.
La feli­ci­tà del sin­go­lo è sua per­so­na­le e si deve intral­cia­re il meno pos­si­bi­le, maga­ri per nien­te, e inve­ce favo­ri­re. Ma va det­to anche: non è che una feli­ci­tà vale l’al­tra, non tut­te le ‘feli­ci­tà’ sono ugua­li o ugual­men­te auspi­ca­bi­li.
La feli­ci­tà è una giu­sta aspi­ra­zio­ne e un fine essen­zia­le, ma se non accom­pa­gna­ta da altri ugual­men­te essen­zia­li, può esse­re tut­to som­ma­to medio­cre, se non addi­rit­tu­ra un dan­no. E il limi­te non è solo quel­lo dei sol­di pub­bli­ci.

Per pro­va­re feli­ci­tà basta rela­ti­va­men­te poco. Già ‘esse­re feli­ci’ è diver­so, ha un che di ‘aver mes­so insie­me le con­di­zio­ni per’.
Ecco, con­di­zio­ni.
Per esem­pio, la feli­ci­tà di uno che cre­sce indot­tri­na­to – ver­so qual­sia­si siste­ma di pen­sie­ro abba­stan­za cat­ti­vo da aver biso­gno di indot­tri­na­re – è sem­pre feli­ci­tà, ma glie­lo evi­te­rei volen­tie­ri, soprat­tut­to il per­cor­so neces­sa­rio per arri­va­re a con­si­der­la feli­ci­tà.
Si ricor­da­va la dro­ga, esat­to, e anche quel tipo non può esse­re per­mes­so. Tra l’al­tro per­ché spes­so la feli­ci­tà del dro­ga­to è l’in­fe­li­ci­tà di quel­li che lo subi­sco­no.
E non c’è solo la dro­ga, eh, ma anche per esem­pio la fol­lia egoi­sti­ca di cer­ti indu­stria­li e capi di gover­no, la feli­ci­tà del ladro, quel­la del nar­ci­si­sta, quel­la vuo­ta e super­fi­cia­le di cer­ti vips, quel­la auto­di­strut­ti­va di cer­ti ado­le­scen­ti, quel­la distrut­ti­va di chi ritie­ne che dio è al pri­mo posto e se coman­da di dar giù ai secon­di ecco­sis­sìa…

Tut­ta gen­te feli­ce.
Allo­ra, è evi­den­te come entra­re nel meri­to del­la feli­ci­tà altrui non solo è pos­si­bi­le, ma a vol­te anche dove­ro­so. La feli­ci­ta è uno sta­to indi­vi­dua­le e può esse­re valu­ta­to da tut­ti.
Sia da chi lo vive, sia da chi si rela­zio­na con la di lui/lei feli­ci­tà, sia da chi ne osser­va cause/ragioni e risultati/sviluppi, sia da chi deve por­re le basi per­ché quel­la feli­ci­tà (e altre) sia per quel sin­go­lo (e altri) rag­giun­gi­bi­le (o meno).

<enfa­si>Cia­scu­no deve esse­re lascia­to in pace e libe­ro di rea­liz­zar­si nel suo tipo di feli­ci­tà, ma anche pri­ma non deve subi­re pres­sio­ni che mano­vri­no le sue pro­prie ispi­ra­zio­ni e la sua capa­ci­tà di scel­ta auto­no­ma. E *a pat­to* che poi non rom­pa le pal­le.</enfasi>