Come volevasi dimostrare: ecco la pronta risposta (a questo felice episodio) delle alte istituzioni cattoliche che tanti – don Aldo Danieli per primo – non riescono ancora a giudicare per quello che sono e fanno.
Repubblica, 10nov07 – La Diocesi di Treviso: “Moschea in chiesa? Non si può fare, il parroco obbedisca”.
Il vescovo di Treviso Andrea Bruno Mazzocato, ha incontrato don Aldo Danieli, parroco di Paderno, per avere chiarimenti circa alcune sue dichiarazioni riprese dai quotidiani di oggi. ”All’interno di un dialogo fraterno e cordiale – si precisa in una nota del vicario generale – don Aldo ha ribadito la sua obbedienza al vescovo e la piena disponibilità a trovare una soluzione al problema’’.
(…) Ponzano Veneto, regno dei Benetton, ha oltre seicento stranieri (232 famiglie, per la maggior parte dell’Africa settentrionale e dell’Est europeo) su 11.400 residenti. Ecco perché don Aldo, 69 anni, non si è fatto problemi e ha offerto le stanze (l’oratorio con cucina) a circa duecento musulmani, molti di più durante le ricorrenze. “È inutile parlare tanto di dialogo – ha detto il parroco – se poi gli sbattiamo la porta in faccia”.
Vero, è inutile (e ipocrita) parlare di dialogo, se nei fatti le porte si sbattono in faccia.
Complimenti alla richiesta di *obbedienza* e all’ipocrisia con cui si cerca di ammorbidirla. La gerarchia cattolica dialoga solo in teoria, nei fatti usa la solita boriosa autorità per distinguere il suo cristianesimo dai valori umanisti di rispetto, tolleranza, disponibilità, e vero dialogo.
Va detto che è coerentissima: essa crede – e sottolineo crede – da sempre che la sua sia l’unica posizione corretta, crede che questa sia bontà, salvezza, volontà di dio. Il problema dunque è sempre lo stesso: per fede si può essere duri, severi e presuntuosi, arroccati su credenze senza prove e lontani da un reale umanesimo che faccia con rispetto il bene di tutti gli uomini. Per fede si può credere che questa sia bontà, e che sia la volontà di un dio.
Il pericolo insito in questo modo di pensare è grave, e sono i *credenti* che devono arrivare a capirlo. Ne andrà delle loro certezze? Ma che importa? Intendo davvero: cosa importa, noi e il nostro benessere, una sana via di convivenza, una mentalità flessibile che rispetti, ascolti, e dia il giusto a tutti, oppure il chiudersi su credenze la cui verità sta nel volerle credere vere, la cui bontà e giustizia ha un senso rovesciato, in cui il dio creduto ha sempre la precedenza e ci si accontenta di dire ‘è per il nostro bene’?
A cosa vogliamo obbedire, alla nostra spinta interiore verso il benessere di tutti o al volere di una gerarchia (qualsiasi gerarchia!) che crede di essere divinamente ispirata mentre è umanamente distante?
Cosa importa, cos’è più importante? Ci sono certezze che non vale la pena di mantenere.. Cosa meglio di farle crollare per far spazio a nuove certezze migliori? Ai credenti scegliere.