Sul settimanale genovese Il Cittadino un prete tuona (letteralmente in tema) contro il prossimo Halloween. Ai suoi occhi questa festa gioiosa, occasione di divertimento insieme, nonché di tenere uscite serali (poche, da noi) di bambini e ragazzini avvolti in maschere paurose al terribile grido di ‘dolcetto o scherzetto?’, dal tema tenebroso quanto una zucca svuotata e accesa, si trasforma essa stessa in uno dei mostri più terribili.
Non tanto per essere una festa realtivamente nuova in Italia, e dunque angosciosamente diversa dalle nostre tradizioni cattoliche. Non tanto perché capita giusto prima dei Santi e Defunti e rischia di far passare la voglia di veglia ai credenti più tiepidi. E nemmeno tanto perché, come accade anche al Natale, è occasione di spese e dunque lauti guadagni commerciali.
Non tanto per questo, no.
Com’è d’uso per certa mentalità cattolica, esiste solo il bianco e il nero (il bianco cattolico, nero tutto il resto), e dunque è impossibile che una cosa non sia o l’uno o l’altro. Per abitudine, per me insana ma giudicate voi, diventa (non è, lo diventa) impossibile percepire le vie di mezzo, come non esistano o non abbiano alcun senso. Eppure, se è vero che qualche fesso ne approfitta per ‘sacrificare’ gatti e qualche altro fesso per celebrare ‘messe nere’, è altrettanto vero che questi sono casi limite, alquanto isolati, non dovuti né ristretti alla festa. La larga maggioranza di noi – pensa quant’è ampia la sfumatura che non si vede più (ed ecco da dove l”insana’ di prima) – festeggia halloween per puro divertimento.
Puro, semplice, spensierato divertimento.
Halloween «è una festa dove le componenti religiose celtica e cristiana sono state eliminate», dice il sacerdote. «Rendere la morte un carnevale significa che il capolinea del vivere terreno è solo edonismo». E «un popolo infettato di edonismo può essere manipolato con maggiore facilità dal burattinaio più furbo». «I mandanti di questo ‘carnevale d’ottobre’» sono «esoterismo, lobby politiche e filosofiche» che «lavorano per svitare il senso del sacro ed il rispetto che gli si deve» e che hanno quali «prede preferite i bambini».
Ma non è forse un bene che sia stato eliminata la componente religiosa celtica, cioè quelle vecchie credenze di fede? E se anche la cristiana non c’è, ciò che resta è necessariamente negativo? È dunque vero che si intende ‘rendere la morte un carnevale’? Davvero mascherarsi per un paio d’ore *implica* ‘edonismo’, e tale diventa il fine ultimo del vivere? Ma un po’ di edonismo, quando tanto si esalta il sacrificio e il martirio, è così sbagliato? I burattinai furbi non sfruttano chi si fa burattino? E non è forse vero che burattini si diventa anche grazie a una educazione all’obbedienza e alla fede cieca? Esistono poi dei ‘mandanti’, di questa festa? Quali sono queste lobby politiche, filosofiche ed esoteriche tanto potenti, se davvero esistono? Si lavora sul serio sull’uomo per ‘svitare il senso del sacro’? O piuttosto per limitargli un’automatica invasione cattolica della testa e del cuore? Perché, infine, al ‘senso del sacro’ – cattolico – il rispetto ‘si deve’, al di là di una verifica della sua effettiva bontà e utilità?
Certo in quest’ottica i bambini devono davvero sembrare delle ‘prede’, rapiti al cristianesimo unica verità e bontà, destinati al male in sua assenza. Ma non è forse una rappresentazione forzata dell’una e dell’altra parte? Non nasce dal solito pregiudizio e resta insostanziata?
Questo mostro di halloween esiste davvero, o è stato mascherato così per l’occasione?
«Il messaggio che vagamente, confusamente passa – continua il sacerdote – è che in quella notte bisogna travestirsi (…) perché si fa la parte dei morti che devono spaventare le persone; in quella notte si deve dire a tutti “dolcetto o scherzetto”, che esprime un inno alla mentalità del ricatto». «Il bambino è invitato ad esigere, altrimenti delle forze negative che agiranno dietro suo comando porteranno disgrazie». «Un concetto di “al di là” che faccia paura, che possa ricattare anziché esprimere solidarietà, sicurezza, serenità, tranquillità, non aiuta la crescita del bambino». «Halloween, impostata così, è pedofilia esercitata in campo morale, psicologico, spirituale, mentale, senza violentare il corpo».
Halloween, impostata così. Ma è mai stata impostata così? Chi, vorrei sapere chi, vive halloween per instillare la mentalità della paura e del ricatto nei propri figli? Errori educativi che certamente esistono, ma è sociologicamente questa la loro fonte? Davvero questo è il messaggio che involontariamente e sistematicamente passa? Davvero queste ‘forze negative’ saranno prese sul serio, cioè al di là dello ‘scherzetto’? Halloween è vissuta davvero in un modo così *esistenziale*?
E allora perché giudicare in termini tanto generali, categorici, severi, drammatici?
È il caso dunque di urlare alla pedofilia? Di diagnosticare una tale malvagità in persone normalissime? È cioè una forma di stupro ‘morale, psicologico, spirituale’ sui nostri bambini, godersi qualche ora di musica, brividi, e cocacola?
Il giudizio sui milioni di persone che così festeggiano halloween appare proprio esagerato. Completamente fuori misura.
Un giudizio duro e profondamente offensivo, ma.. Ma diciamocelo, chi si può offendere per un’opinione tanto superficiale? Per un’accusa tanto evidentemente fuori dal mondo? Chi mai, anche cattolico, dopo aver letto padre Bruno crederà di aver commesso un crimine, festeggiando halloween?
A me viene piuttosto da ridere di un baccano sollevato sul nulla per paura di un rischio che non c’è, di una analisi talmente infondata che si smonta da sola, e poi si auto-accusa: nel minacciare lo scherzetto di pericoli fantasmatici, si chiede il dolcetto della fede! Halloween fai-da-te?
È certo il caso di rispondere e precisare, per conto mio, ma non di indignarsi: stavolta l’autore ha fatto una figura che da sola basta a consolarci di un’accusa ignobile come questa..
Sono convinto che il don sia sinceramente preoccupato, ma non si può non notare che la sua analisi è completamente campata per aria nella misura in cui la generalizza. Diventa allora un pezzo che più che dei bambini sembra preoccuparsi della Chiesa, del fatto che stia via via uscendo dalla nostra vita ciò che l’autore ritiene importante vi resti. Il bianco del cattolicesimo.
E dunque questo farla diventare una questione di vita o di morte, di virtù o perversione, di divino o diabolico, da affettuosa pedagogia diventa aggressiva apologetica – risvegliare un (presunto) dovere di mantenersi cattolici, ricordare che è il sacrificio e non il benessere l’unica vita (cristianamente) degna, riaffermare la (perduta) egemonia della Chiesa sulla vita e le scelte di tanti italiani, il (sempreverde) dagl’addosso al miscredente – e per il suo inutile, voluto richiamo alla pedofilia lascia spazio suo malgrado a malevolissime supposizioni – distrarre o almeno spartire i truci crimini (questi sì, veri) di preti su minori. Sono certo che quest’ultima non sia stata nemmeno pensata, ma il resto basta e avanza.
L’eccesso, lo strillo, il pregiudizio e la lettura in negativo, l’accusa su una questione così palesemente diversa da come si descrive, possono essere sintomi di un senso di disperazione e paura. Forse di una chiesa (almeno, di alcuni nella chiesa) che si vede scivolare nell’oblio?
Beh, magari mi sbaglio, comunque essere chiamato mostro prima di vestirmi per halloween non è certo piacevole. Ma insomma, è un problema suo. Il massimo che sento di fare – io, da non credente – è giudicare questa ennesima sparata di un certo cattolicesimo, e scrivere un post perché ne siano chiari i motivi.
Quello che è importante piuttosto, a mio avviso, è come reagirà alla notizia chi ha fede: rinuncerà ad halloween, come chiesto ai cristiani (cattolici)? Assorbirà la predica senza pensare? Sono certo che per molti non sarà così. Potrebbe essere una buona occasione per ricordare che – come non basta un vestito da mostro per essere un mostro – non basta un vestito da prete per fare la persona degna di stima, il sociologo capace, il consigliere affidabile. E per vedere se non sia il caso di riversare quest’idea su chiunque pretenda di avere la V‑erità, e fare da tramite con un dio.
Spero sinceramente che queste uscite pubbliche parlino al cuore del credente, rendendogli chiaro che la Chiesa – nel suo lodevolissimo impegno per la gente *tanto quanto* nei suoi comportamenti meno nobili – altro non è che umana e migliorabile, come tutti noi.