A ben guardare l’accaduto (la chiusura del Forum Uaar), nel suo piccolo clamoroso, è casualmente esemplare di quella generale mancanza di posizione netta a favore dell’etica umanista – o, per usare un termine più apprezzato in Uaar, laica – che da tempo è un suo problema.
L’Uaar come Uaar ha un orientamento ateo razionalista, laico, democratico, umanista, è scritto in più punti nelle pagine del sito, è comprensibile dalle sue attività, è intuibile dalle affiliazioni europee. Non c’è una vera presa di posizione ma si capisce che è così. Anche questo è un sintomo. L’Uaar nasce come associazione atea a tutela della minoranza atea in un’ottica di laicità. Ma si capisce che la laicità è intesa in senso ampio, ovvero non solo come equidistanza dello Stato dalle religioni, ma proprio come contenitore di valori secolari e diritti umani. Il che – guardiamoci in faccia – esclude altri tipi di valori.
Nel suo sforzo di ‘parlare per tutti’, l’Uaar si barcamena e parla poco di etica. Ma tutela l’ateismo in nome di quei valori e quando essi vengono a mancare. Serve dirlo. Meglio. Più spesso. Più forte.
E, senza alcuna vergogna, prendere posizione. Dacché c’è ateo e ateo, e tanti modi di vivere da atei, non tutti sani o apprezzabili.
È il motivo per cui, ad esempio, l’Unione Atei Agnostici aggiunge quel Razionalisti fin nel nome, ritenendo imprescindibile un riferimento altrimenti non compreso (nei due sensi di incluso e inteso). Ed è il motivo per cui – altro esempio – moltissimi atei si definiscono oggi umanisti, laddove ‘umanesimo ateo’, laico, secolare, rimanda direttamente a una filosofia di vita chiara, moderna, progressista, inclusiva, per via di razionalità ed etica dei rapporti umani.
L’ateo umanista non è un ateo fascista, né nichilista, per dire. È subito chiaro.
L’ateo dell’Uaar non crede per fede e lavora di testa, anche questo è subito chiaro. Poi sostiene la laicità, i diritti degli atei fra gli altri e i diritti umani in generale. Questo a volte è meno chiaro, ma c’è. Serve dirlo. Meglio. Più spesso. Più forte. E senza alcuna vergogna, o timore di non essere ‘tolleranti abbastanza’, bravi, inclusivi, democratici, liberi e libertari abbastanza.
Se si vuole davvero esserlo, e continuare ad esserlo, tutto ciò che lo impedisce dev’essere additato ed escluso. Con coraggio, sì. Ed equilibrio nel giudizio.
E coscienza del paradosso: tolleranza non vuol dire resa incondizionata, né diventare prede miti o distratti complici. Per essere veramente tolleranti, non si può esserlo al 100%.