Serie: l’uomo, l’etica, la società. 3 punti di vista atei.
La nostra natura ci consente una convivenza più felice? Risposta all’ateo pessimista, e a quello cinico.
- L’uomo, l’etica, la società. La nostra natura ci consente una convivenza più felice?
- All’ateo che pensa che le cose ‘stanno così’ e la volontà sia niente.
- All’ateo che pensa che l’uomo sia lupo all’uomo. Lui incluso.
- Le potenzialità reali dell’essere umano. E dei non credenti.
[Update]
Giorni fa sul forum Uaar avevo iniziato un discorso sull’effettiva possibilità di migliorare la nostra società con due altri atei che esprimevano forti riserve.
Il ‘Cinico’ per ora ha rinunciato, mentre il ‘Pessimista’ riprende senza considerarare davvero i miei argomenti, ma aggiungendo esempi a suo favore e ripetendo alcuni concetti.
Mi sta bene: forse esaminare il tema da un ulteriore ‘angolo’ può essere utile, perciò gli offro qualche altra idea.
L’intenzione è triplice: fare breccia nella sua visione del mondo parziale e demotivante (perché parziale), leggere eventuali argomenti fondati che invece aiutino me a correggere la mia, o finire per essere pacificamente d’accordo sul disaccordo (cosa non scontata, purtroppo, sul forum Uaar attuale).
[Riporto qui un mio post sul forum Uaar, che è pubblico. L’utente ha scritto lì, non qui, quindi mi pare giusto non sia citato. I suoi argomenti, tuttavia, sono fra le tipiche obiezioni ad un approccio costruttivamente etico alla convivenza umana, e in quanto tali mi permetto di riportarle, con la mia risposta. L’intento infatti non è di parlare dell’utente, ma di correggere alcune opinioni comuni ad atei con un’altra visione del mondo. Eventuali riferimenti personali sono stati qui omessi]
Ok, vediamola anche da questo lato:
> Ti rispondo con semplici dati di fatto, oggi 14 novembre 2016 solo 10 paesi in tutto il pianeta non sono coinvolti in qualche modo in un conflitto, quindi il tuo mantra “non necessariamente” per quanto possibile risulta improbabile.
Sì, ma
a parte il fatto che bisogna vedere che s’intende per ‘qualche conflitto’ (gravità, estensione, …), che non sono tutti uguali,
a parte il fatto che bisogna vedere le ragioni del conflitto (c’è chi aggredisce per interesse e/o idee malsane, ma anche chi si difende o subisce. Come sempre),
a parte il fatto che i governi dei ‘Paesi’ possono aver scelto il conflitto ma il popolo no, non sapere o non essere d’accordo, come spesso accade,
e a parte il fatto che ci sono tutta una serie di altri parametri che vanno considerati se si vuole valutare il livello di benessere e ben-fare umano, e considerare solo il ‘in qualche modo in conflitto’ è insufficiente a valutare la qualità dell’essere umano,
da cui il dato di fatto che come argomento in risposta non è forte, ma superficiale,
va detto che – com’è in realtà ovvio – ciò non fa smettere né singole persone né maggiori istituzioni dal ritenere la pace possibile e agire per diffonderla.
Tutti questi sanno benissimo quanto è difficile diffonderla, ma lo fanno lo stesso. Perché? Perché è meglio che arrendersi al peggio.
Va poi ripetuto molto semplicemente questo, che è determinante:
Lo scenario che descrivi è uno in cui vengono ripetuti errori che favoriscono amplificano o causano quello stesso scenario.
Prenderlo a modello, a calco, a matrice, a ‘regola umana’ è un errore.
È come se un architetto costruisse case senza basi complete e corrette di architettura. Se dopo qualche tempo tutti i suoi palazzi crollano, c’è da aspettarselo, e non è che non si possono costruire invece palazzi che stanno in piedi.
Ma l’architetto incapace può essere di quell’idea – e pure chi specula su quelle case, e pure tutti quelli che al crollo ci vivevano dentro – finché non si ammettesse che stava sbagliando lui.
> Negli states, paese leader scientifico, tecnologico, culturale, economico e militare è stato eletto presidente uno che non crede al riscaldamento del pianeta dovuto ai combustibili fossili.
E secondo te perché no,
perché è evolutivamente un idiota?
La massa che lo ha votato, geneticamente stupida?
O cresciuti da e come idioti ignoranti, presuntuosi e non più capaci di usare la testa, che pure hanno?
> Quindi no, non abbiamo fatto come specie alcuna strada dai tempi della preistoria in campo psicologico, anche perché, studi sulle culture paleolitiche non ci parlano affatto di società più violente delle attuali, semmai meno…
Non è che non ne abbiamo fatta – non vorrai negare le meraviglie raggiunte in campo etico, diritti civili, gestione dei conflitti, educazione familiare, eccetera che ci distinguono dalle passate epoche, impiegando meglio le stesse qualità? – è che ancora i vecchi metodi sono molto usati e gli errori che ne conseguono sono ovviamente i soliti.
Semplicemente, serve più tempo e fare meglio.
Questi esempi insomma descrivono sì la realtà, ma in parte. La parte peggiore.
L’errore di fondo è considerare solo questa ed estenderla a tutto.
> No, non esprimo un giudizio di valore ma di gusto,
Mmm,
mi pare invece che esprimi un giudizio di valore ma non ci tieni affatto che si estenda. Allora resta un tuo ‘gusto’. Riprendo il concetto dopo.
> riconosco nel tuo modo di concepire la morale la longa mano del cristianesimo ( e come potrebbe essere altrimenti?) la differenza fra me e te è che tu non te ne accorgi e preferisci credere che non sia così, io volutamente cerco di riconoscerla e rigettarla per (ri)appropriarmi di una matrice emotiva meno ipocrita da cui far sgorgare un codice morale più vicino alla sorgente.
E non puoi che riconoscerla,
visto che – come ho già detto – essa nella sua parte più ‘terrena’ si appropria di princìpi che sono puramente umani.
L’errore è non vedere che ci sono questi princìpi, sono nell’uomo, prima, e poi, dopo, arriva il cristianesimo, a interpretarli a modo suo.
La mia morale degli atei umanisti parte anch’essa dall’uomo, ma non la marchia con altro nome e non vi aggiunge alcunché d’altro.
Più chiaro?
Sono contento che parli anche tu di ‘codice morale vicino alla sorgente’, ma attenzione a non ‘preferir credere’ che ciò non sia possibile nel piccolo e su più larga scala, e che lo sforzo sia inutile perché l’essere umano non cambia da ‘cattivo’ quale è. Non è ipocrisia osservare la parte etica dell’uomo – innegabile – e appunto partire da lì per quel ‘codice etico’.
> Non mi fermo a me stesso,
Bene,
allora forse se a) non ti fermi a te stesso e b) parli di codice etico, possiamo concordare che un’azione di diffusione etica ha senso ed è importante?
> so bene però che la maggior parte della gente non perde tempo a costruirsi una propria morale ma ne adotta una bell’e pronta
‘La maggior parte’ è una realtà temporanea, sembra costante solo perché si fanno gli stessi errori.
Spero a questo punto tu intraveda che esiste la possibilità di cambiare le percentuali, posto si facciano mosse diverse.
> Con altri il confronto può essere utile ma la costruzione di una morale è un fatto personale e molto intimo.
Certamente.
Ciò non toglie né che la scelta personale non possa essere (e non sia già) condizionata da fuori,
né ovviamente che si possa arrivare a simili conclusioni in più persone.
> Te immagini che ciò che a te sembra ingiusto lo sia per tutti ma non è così,
Non esattamente.
Ci sono vari livelli di intensità e importanza, sulle cose di base trovo ci sia una tendenza comune, e che quando non c’è spesso è dovuto a esperienze che hanno ridotto la sensibilità ad esse.
Come vedi, flessibilità e obiettività. Mi pare di aver contato almeno 3 volte in questo post in cui hai ammucchiato dei concetti in uno solo, ma ammucchiare in uno raramente spiega bene, non meglio dell’ammucchiare solo in due, che pure abbiamo detto è spesso errato.
> comunque questo tuo ragionamento parte da una concezione ugualitaria che non è affatto condivisa. Vale solo in poche zone del pianeta ed è una concezione continuamente minacciata, tanto dal pensiero delle masse che da quello delle élite.
Certo,
che non è condivisa.
Mica si può chiedere allo sfruttatore, al ladro, al criminale, ma nemmeno allo schiavo felice, all’ignorante inconsapevole, ma nemmeno all’ormai danneggiato e al perdutamente disilluso semplicemente domani di cambiare abitudini.
Serve lavoro, e fatica, per rifare e convincere. E crescere in altro modo.
> Ancora una volta vuoi piegare alla tua visione cose che invece esulano: gli dei immortali giocano con gli umani, non li giudicano, li usano per i loro scopi, li tormentano, a volte persino invidiano alcuni di loro ma non giudicano. Tutti, uomini e dei cercano il proprio vantaggio e la giustizia non esiste, al suo posto si pratica la vendetta. Odisseo si vendica dei proci, non li giudica: li stermina.
Possiamo essere d’accordo nella misura in cui accetti Odisseo come archetipo dell’essere umano e il vantaggio personale come misura di tutte le cose. 😉
Uao,
assolutamente no.
Ed è questa tua visione che non è archetipo di nulla, anche riguardo alla mitologia stessa: gli dèi si schierano, puniscono, esultano con e per gli uomini.
Le guerre si combattono – e i proci si sterminano – per ideali come *giustizia* e *benessere* che non si vuole veder oppressi o da cui si vuole salvare la propria e altrui gente.
Il vantaggio *non* l’unica misura di quelle cose, né delle cose. Se non c’è anche il giusto, il ‘vantaggio’ non diventa regola.
Il ‘vantaggio’ è anche lo strumento di chi ritiene che mors tua vita mea, egoismo, tribù, ‘gli altri’ da combattere e opprimere, perché tanto è vantaggio. Solo nostro però. Ma così, come detto, non si va da nessuna parte.
> Ancora con le coppie di opposti per lo più apparenti…
Sono opposte perché sono opposte.
Che poi non ci siano solo quei fattori e che tutti (gli opposti) si ritrovino dentro di noi in misure diverse, è certo e già detto.
Mi premeva farti capire – o ammettere – che dentro di noi c’è *per natura* *anche* una parte forte di segno opposto all’egoismo, la sopraffazione, eccetera.
> egoismo e empatia determinano spesso e volentieri la stessa azione: ti do parte del mio cibo perché ho fame (parte e non tutto perché sono egoista, te ne do un poco perché ho una teoria della mente che mi fa immaginare la tua fame, simile alla mia)
What?
Ti do parte della mia per egoismo?
La tua fame è simile alla mia per ‘teoria della mente’?
Scusa sai,
non è così. Se sono solo egoista non ti do proprio nulla, e l’empatia è piuttosto questione di sensibilità, basilari deduzioni (‘sei simile a me, anche tu come me sei un essere umano’) e di biologia (neuroni specchio).
Poi dopo, se coltivata e non repressa, si eleva a teoria consapevole e regola interiore.
> Tutto il nostro agire salvo rari casi è determinato da processi di cui non siamo consapevoli e sono la risultante delle dinamiche emotive che portano fuori nel mondo esterno le nostre istanze interne.
Visione riduttiva.
I processi interni possono affatto raramente essere portati alla coscienza, ri-conosciuti, usati (o condizionati) di proposito, e persino spiegati nelle cause e negli scopi.
> comunque la tua visione qualcuno la bollerebbe come statalista, c’è chi pensa che le leggi siano un male ne che lo stato sia un male quindi ritorniamo a bomba, ciò che tu ritieni necessario non lo è affatto per altri e quindi il colonialismo etico diviene violenza e sopraffazione.
Lo capisco bene,
che ‘c’è chi pensa che non’. Vuoi lasciare la società senza leggi, perché ‘qualcuno’ non sarà d’accordo?
Capisci che intendo? Sembra che dico qualcosa di assurdo, ma è la base della società: ci si organizza intorno a delle leggi per il bene comune. Bene, non vantaggio. E cos’è considerato ‘bene’? Ciò che arbitrariamente, ma in base a dei princìpi scelti, si decide che lo è.
Ora, *se* si vuole fare insieme, *se* si decide che gli uomini sono pari, *se* si decide che tutti devono poter essere felici e non solo alcuni, eccetera, pensa te stiamo facendo etica!
C’è chi invece vorrebbe privilegi solo per sé? Chi vorrebbe rubare e sfruttare? Chissenefrega.
Su questi princìpi base, a mio parere non si deve transigere. Vita tua mors mea un corno. *Se* una società va organizzata, *se* è necessario darsi delle regole, *meglio* di questo tipo che no. Meglio su questi princìpi.
I quali implicano che lo Stato deve mettere bocca ma solo ed esclusivamente il meno possibile (ma non di meno).
*Se* qualcuno deve rosicare, che siano quelli che ruberebbero e sfrutterebbero e opprimenrebbero *se* non ci fossere regole ad impedirglielo.
Persino banale dirlo, direi.
Poi, poste queste regole di base – meglio che lo ripeta – *massima libertà possibile*. Massima possibilità di fare ed essere. A proprio modo.
Cioè, massima *varietà* di esistenze, massima diversificazione di aspirazioni, massima quantità di mezzi per realizzarsi come si sceglie, massima capacità di scegliere da sé chi essere e cosa fare.
Ci capiamo?
Ma questo è possibile *solo*, a mio avviso, se le basi lo garantiscono. E se tali basi vengono prese a guida e tutelate come tali.
Non è che non si faccia già, giusto? Lo Stato parte *comunque* da delle basi di principio.
E al momento non è che tanti facciano un ottimo lavoro.
> Il mio desiderio di vedere la vita di questo pianeta sbocciare altrove non è certo una fuga,
Sono contento che tu lo dica,
come prima hai detto che non ti fermi a te stesso, perché finora non ho letto nulla che lo confermi, nulla in cui ti abbia letto dire, ‘è possibile fare questo’, ‘in effetti si potrebbe’, ‘sarebbe meglio che’, ‘intanto facciamo’ e cose del genere. Nulla di fattivamente costruttivo nel senso di ‘non fuga’ e nel senso di un ‘noi’. Se hai idee per il ‘qui e ora’ e intenzione di ‘fare nonostante tutto’, non le hai ancora espresse.
> è volontà di farla perseverare diversificando gli ambienti, in modo tale che i feedback fra umani e nuovi mondi generino nuove culture che trasformino in profondità l’animo dei suoi abitanti.
No, sì, ti capisco [Nickname],
ma da qui a diciamo 50, 100 anni? prima che si possa anche solo arrivare a terraformare un fazzoletto di un solo pianeta, che fàmo?
E se poi – tra 100 anni e se nel frattempo non ci siamo autodistrutti (come dicevi anche tu, distruggere è molto più facile, bastano molti meno idioti che per costruire) – questi fantastici feedback non risultassero fantastici?
Ovvero, se semplicemente l’uomo – com’è ora – arrivasse su un’altra roccia e *ricominciasse* a fare le stesse cose, com’è d’altro canto ovvio aspettarsi?
> Desidero molte umanità diverse, in competizione darwiniana fra loro e non una asfittica cultura universale che custodisce se stessa consumandosi nella stagnazione.
Ah, ‘competizione darwiniana’.
Tu lo sai però che la competizione darwiniana si sviluppa senza scopo, e che in tempi storici e non evoluzionistici quella sarebbe competizione culturale, vero?
E lo sai che prima che si formino culture altre su altri pianeti serve parecchissimi anni, vero? E sai che le nuove culture sarebbero su altri pianeti, giusto?
E sai che, quanto a culture diverse già qui non siamo messi male, e quanto a competizione i risultati fanno spesso schifo?
E che quando non fanno schifo è perché ci si accetta, ci si rispetta, si cresce insieme, ci si lascia liberi, si moltiplicano le reciproche opportunità in pace e parità? Ovvero, secondo quelle famose basi minime *etiche* che finora hai provato a stracciare come minoritarie, pressoché irrealizzabili e ingiustamente imposte?
> L’etica… lascia che ognuno si scelga la sua,
Si è capito che sono proprio le premesse di cui parlo che *consentono* una scelta libera (o più libera possibile) e personale?
Si è capito che non aspiro a rendere l’umanità un burattino informe, ma all’esatto contrario dare la possibilità a tutti di essere più sé stessi, per scelta veramente informata e libera? E che per fare questo, *è necessario* un ambiente favorevole, e ben più favorevole di oggi? Cioè uno in cui l’aggressore non è lasciato libero di aggredire, perché ‘libertà’ è bello, ma in qualsiasi società di persone non può essere assoluta?
Si è capito che oggi l’uomo è lasciato scegliere a volte troppo poco e a volte molto senza esserne in grado, e questo è il risultato? Si è capito che non voglio togliere la libertà ma aumentare la possibilità di sfruttarla meglio, e tutti? E che penso vada fatto nel modo più indolore possibile?
> i cambiamenti profondi che possono influire realmente sull’etica di un individuo sono personali,
Si è capito che non è affatto sempre così?
Si è capito no, che la personalità (che include sia l’etica che il modo di ragionare) si forma da prestissimo, e che è proprio da bambini che risentiamo peggio degli errori educativi, e che da adulti possiamo non avere sviluppato l’abilità, la forza e i riferimenti necessari per una decisione veramente libera e consapevole?
Si è capito che un’influenza la subiamo sempre, ed è meglio che sia ragionata e rispettosa piuttosto che manipolativa e impositiva, per quanto possibile?
Si è capito che a rifare gli stessi errori di relazione e mentalità si ottengono conseguenze simili, le quali creano una ‘non asfittica varietà’ di umanità a più livelli infelice e distruttiva?
> invece quelli attribuibili alla specie hanno bisogno di tempi molto lungi dell’ordine delle decine e forse centinaia di migliaia di anni.
Parliamo di evoluzione culturale, [Nickname]!
> L’essere umano moderno ha la stessa identica etica di base di Ulisse.
Ecco.
Nella prima e nell’ultima frase direi c’è il fondamento della tua opinione. Spero di averti dato da pensare.
Ciao!
Serie: l’uomo, l’etica, la società. 3 punti di vista atei.
La nostra natura ci consente una convivenza più felice? Risposta all’ateo pessimista, e a quello cinico.
- L’uomo, l’etica, la società. La nostra natura ci consente una convivenza più felice?
- All’ateo che pensa che le cose ‘stanno così’ e la volontà sia niente.
- All’ateo che pensa che l’uomo sia lupo all’uomo. Lui incluso.
- Le potenzialità reali dell’essere umano. E dei non credenti.