Matteo Salvini e l’Italia che verrà.

Il fatto è che non esistono colori da maschi e da femmine, giochi da maschi e da femmine. Il gioco è gioco, il colore è colore. L'importante è giocare e colorare, giusto Matteo?
Pubblicato in Politica ed economia
11 Settembre 2018 + edit 24 Settembre 2018
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Salvini, differenze, libertà e ruoli di genere

Viva le dif­fe­ren­ze, Mat­teo? Ma le dif­fe­ren­ze di cui par­li sono arti­fi­cia­li, sono quel­le che abbia­mo inven­ta­to noi e che piac­cio­no a te. Si chia­ma, in real­tà, omo­lo­ga­zio­ne.
Le *vere* dif­fe­ren­ze, se capis­si ciò che dici o se non usas­si le paro­le fur­ba­men­te in sen­so inver­so (è gra­ve in ogni caso), le crea­no i bam­bi­ni stes­si, libe­ri final­men­te da ruo­li impres­si e inca­sel­la­men­ti for­za­ti.
Le *vere* dif­fe­ren­ze le fan­no loro, quan­do scel­go­no *libe­ra­men­te* ciò che voglio­no vesti­re, ciò con cui voglio­no gio­ca­re. Allo­ra avrai – avre­mo – bam­bi­ni che vesto­no di azzur­ro ma anche di rosa (e di qual­sia­si altro colo­re), bam­bi­ni che gio­ca­no con i sol­da­ti­ni e il pal­lo­ne ma anche, se voglio­no, con bam­bo­le e truc­chi, vice­ver­sa bam­bi­ne in rosa ma anche in azzur­ro (o qual­sia­si altro colo­re) che pre­fe­ri­sco­no le bam­bo­le o il pal­lo­ne, secon­do il loro gusto. Che non esi­sto­no colo­ri e gio­chi ‘da maschi’ o ‘per bam­bi­ne’. Ognu­no sce­glie (e scel­ga) il suo colo­re e il suo gio­co, ti pare?
E per inci­so, non c’è alcu­na cor­re­la­zio­ne fra il tipo di gio­chi, la rea­le pre­fe­ren­za per l’al­trui ses­so qual che sia, e ciò che un bam­bi­no e bam­bi­na quin­di pre­fe­ri­rà da gran­de. Non ti pre­oc­cu­pa­re, se uno è ete­ro è ete­ro, se uno è gay è gay, lo sco­pri­ran­no loro e non sarà né il gio­co né i tuoi e vostri gio­chi di ruo­lo a dir­glie­lo.

#mat­teo­mat­teo #ruo­li­so­cia­li #cio­chee­nor­ma­le #truc­chi­re­to­ri­ci

Capi­sci Mat­teo, *così* si crea­no le dif­fe­ren­ze che dici di ama­re. Ma tu non ami le dif­fe­ren­ze dav­ve­ro, tu ami la tua idea del mon­do, e tut­to il resto – che appun­to è diver­so – non è “nor­ma­le”.
Di più: così si crea­no bam­bi­ni che cre­do­no in sé stes­si, che scel­go­no indi­pen­den­ti e libe­ri, che non accet­ta­no le altrui con­ven­zio­ni e gusti e cre­den­ze sul­la paro­la. Bam­bi­ni più feli­ci, ma anche meno abi­tua­ti a segui­re il greg­ge, e futu­ri adul­ti che – non aven­do sof­fer­to quel lavag­gio del cer­vel­lo che in real­tà pro­po­ni tu, chia­man­do­lo liber­tà e nor­ma­li­tà – faran­no ses­so con chi li attrae e non con chi ‘dovreb­be­ro’, sapen­do che non è un pro­ble­ma. Per­ché infat­ti non lo è.
Ma soprat­tut­to, pro­ba­bil­men­te, non vote­ran­no più quel­li che - con mae­stra ipo­cri­sia – li vor­reb­be­ro chi solo in azzur­ro, chi solo in rosa (e men che mai in altri colo­ri).

Dicia­mo, Mat­teo, che ai tuoi figli puoi inse­gna­re ciò che vuoi (ma non ti illu­de­re sul risul­ta­to): i nostri, tut­ti gli altri, stan­ne fuo­ri. Gra­zie.