Un utente del forum dell’Uaar – credente di ottima compagnia, libero pensatore e giustamente refrattario agli eccessi della fede cieca – mi concede l’occasione di spiegare come la penso sul modo in cui va proposto l’Umanesimo ateo. Coerentemente, rispondo io.
Ecco lo scambio:
Manifesto sì, ideologico no.
So che questo per te è un principio primo e ho sempre pensato che sarebbe stata una bella discussione.
Direi intanto che il mio punto di vista, come scrivo altrove, è:
“Quando si vuole comunicare un’dea importante, in particolare se riguarda temi come questi, il rischio che si usino metodi scorretti, che ci siano scopi non detti, parti inutili, recite individuali o velleità di assoluti è sempre molto alto. Lo scetticismo è legittimo, e le nostre antennine fanno bene a vibrare.
La risposta è che l’Umanesimo ateo rigetta l’idea stessa di indottrinamento e di dogma, e realisticamente dovremo essere sempre vigili per non cadere, come persone, in questo errore.
A noi di starne lontani, di operare alla luce del sole, di fare autocritica e lasciare aperte le mani…
(…)
Ora: parlarne a tutti i livelli senza fini di lucro o di dominio, sensibilizzare ma non invadere, insegnare i fondamenti di logica e comunicazione, evitandone i trucchi a nostra volta… favorire la critica autonoma e il dialogo, appassionati, sì, ma entro una lettura onesta e attenta della realtà… difendere la libertà di tutti da ogni volontà di controllo, omologazione e sfruttamento; allargare gli orizzonti delle possibilità umane; cercare insieme vie nuove, nonviolente ed efficaci, a vecchi problemi… offrire un approccio positivo alla vita, che favorisca – e implichi! – il pieno benessere e la realizzazione di ognuno secondo le proprie aspirazioni – limitata soltanto dal senso di responsabilità personale verso sé e il mondo… e partecipare alla trasformazione dei modelli di convivenza, basati stavolta su mediazione e rispetto e non su autorità e forza… tutto questo non è – e non va confuso col – peggior proselitismo e la fredda faziosa propaganda di stampo religioso e politico.
Come si vede ne è l’opposto, tanto per contenuti che per i modi, e anzi proprio per principio. Se così non fosse, svanirebbe l’essenza stessa di ciò che abbiamo chiamato Umanesimo”. (PMUA)
Certamente, verissimo.
Non si può evitare.
O meglio, sì può: basta non insegnare niente a nessuno, lasciare che ciascuno apprenda quello che vuole, se vuole, e secondo le sue capacità, le quali nemmeno saranno state allevate intenzionalmente, perciò quello che sarà sarà. Il caos.
No?
Nessuna regola, nessun metodo, ci asteniamo dall’insegnarli per non influenzare nessuno. Vale tutto, perché ciascuna opinione e azione hanno lo stesso peso fra loro.
Brrrr. No, non lo vedo positivo.
Torno allora alla persuasione, ma come?
Per me il discriminante è proprio la definizione, o meglio il tipo, l’essenza dell’approccio comunicativo/persuasivo/educativo.
Non è vero, a mio avviso, che persuasione è persuasione, che tutto sarebbe propaganda, che tutto sarebbe coercizione. C’è modo e modo di insegnare, e c’è princìpio e princìpio da insegnare e anche ideale e ideale in base a cui farlo.
Per dire: indottrinare alla fede (qualsiasi: religiosa, politica) escludendo a priori alternative e verifiche è un conto, insegnare il valore del rispetto rispettando e del libero pensiero lasciando liberi è tutt’altro.
Ti pare?
Entrambi tendono a persuadere, a dare una direzione, ma la ‘forza’ impiegata è del tutto diversa, lo scopo finale e l’interesse dell’insegnante dietro ad essa anche.
Giusto,‘demolizione’ è una brutta parola e avrei dovuto specificare meglio.
A mio avviso ci sono cose che possono essere lasciate fare, e il credere è una di queste.
Ci sono altre cose che invece vorrei veder scomparire: ad esempio la violenza fisica e psicologica, l’uso maldestro della ragione, certe idee che (trovo) profondamente ingiuste e problematiche in sé, come l’anteporre il volere di un dio all’empatia e al rispetto, l’idea di un inferno o di un peccato originale.
Questa sì, è mancanza di rispetto.
Siamo (sono) tenuto a rispettare tali idee e comportamenti? No.
Sarebbe un vantaggio non avere più a che fare con queste cose (idealmente, nella pratica: averci a che fare molto meno)? Ritengo di sì.
Il termine ‘demolire’ allora torna utile, laddove, come detto (ma è giusto ripeterlo, che dev’essere molto chiaro): “l’Umanesimo ateo rigetta l’idea stessa di indottrinamento e di dogma, e realisticamente dovremo essere sempre vigili per non cadere, come persone, in questo errore.
(…)
Ora: (…) partecipare alla trasformazione dei modelli di convivenza, basati stavolta su mediazione e rispetto e non su autorità e forza… tutto questo non è – e non va confuso col – peggior proselitismo e la fredda faziosa propaganda di stampo religioso e politico.
Come si vede ne è l’opposto, tanto per contenuti che per i modi, e anzi proprio per principio. Se così non fosse, svanirebbe l’essenza stessa di ciò che abbiamo chiamato Umanesimo”.
Perciò, per parte mia: scremati via – d’accordo con te – gli indottrinamenti forzati, gli ‘atei ideologizzati’ e le ‘utopie anarchiche’, resta l’opposizione – coerente – a ciò che non è rispetto e uguaglianza, fermi restando l’obiettività e la reformabilità del giudizio su cosa lo sia.
Con queste premesse – e solo se presenti – io con l’opposizione, la critica e il ‘così non si fa’ non ho problemi. Laicità, dici, e per me non basta questo nell’ottica di un miglioramento sociale, se il problema di fondo rimane.
Miglioramento sociale? I vantaggi mi parrebbero evidenti, il metodo previsto del tutto etico e i princìpi (dell’umanesimo) un sistema di limite e auto-regolazione necessario e sufficiente.
Hai letto il Manifesto cui faccio riferimento?
Ritengo di aver descritto bene, lì, i vantaggi di una possibile società improntata all’umanesimo. È rivolta ai non credenti e quindi gli dèi vi sono esclusi, ma tu leggilo, se vuoi, da credente, che una scelta di fede autonoma e pensata (come la tua) non vi è negata. Anzi, appunto, si vogliono porre le basi perché possa esserlo sempre.