Botta e risposta fra due cattolici (un politico e un giornalista) sul quotidiano L’Unità. Un monologo sull’ateismo al quale servono correzioni. Da parte atea.
La pubblicità dell’Uaar – “10 milioni di italiani vivono bene senza [la D in ‘Dio’]” - sul settimanale de l’Unità Left-Avvenimenti viene intercettata dal Enrico Preziosi, deputato Pd e cattolico, che ne fa pronto una critica ospitata sul quotidiano. Gli risponde lo stesso Direttore Claudio Sardo, anch’egli cattolico e apertamente d’accordo. Questa “propaganda ateistica o antiteistica” conterrebbe “un pregiudizio anti-religioso, che va ben oltre la libertà di coscienza e collide con la prospettiva di una sinistra di credenti e non credenti”. Un progetto, questo della Sinistra, “fatto di rispetto e di integrazione, di una laicità positiva, non neutra o suggestionata dalle derive di un pensiero più individualista e radicale che solidale”.
Cosa ha a che fare, dunque “quella pagina con il progetto dei democratici?” si chiede Preziosi, e Sardo con lui “non è compatibile con un giornale come l’Unità né con gli orizzonti della cultura democratica in Italia”.
Un tipico, facile dialogo fra due cattolici, preoccupati e indispettiti dallo spazio lasciato all’ateismo “come negazione non solo di un dio trascendente ma di qualsiasi carattere religioso e sacro della vita e della realtà”.
Facile fin troppo, e tipico anche negli errori di valutazione, che come ateo e dunque diretto interessato mi sento invitato a evidenziare.
Tanto per cominciare, la definizione di ateismo è sbagliata. Premessa e fondamento del loro discorso, pare sia necessario fare dell’ateismo qualcosa di intrinsecamente cattivo pur di contrastarlo, ma che essi non abbiano nulla di sacro nella vita è semplicemente falso. Gli atei, come tutti, hanno un set di valori che rispettano, una loro filosofia di vita, sicché di pochi si può dire che siano bruti e indifferenti come li vorrebbero Sardo e Preziosi (voce di tanti cattolici), mentre molti di quei 10 milioni bene si comportano in società almeno quanto gli omologhi credenti, con la differenza che vi sono giunti con mezzi propri e per propria scelta, non per dogma o obbedienza. Allo stesso modo, come non negano dei valori umani indubbiamente esistenti (che come Uaar sono messi persino a statuto), essi non ‘negano’ un dio altrimenti evidente, ma uno del quale non c’è alcuna prova, e non credono a quello cattolico meno che a nessun’altro fra tutti gli dèi. Semplicemente, anche in questo caso, non usano la fede per decidere e orientarsi.
Questo è il senso di quell’io senza D, e di quel loro vivere bene ugualmente.
E dunque parlarne, farne pubblica ammissione sia pure nella forma sintetica ed embrionale di uno spazio pubblicitario, rappresenta una modalità legittima di comunicazione di uno stato di fatto e del sentire di molti, non certo ‘propaganda’ nell’accezione negativa del termine. È comprensibile, stanti queste premesse errate, che tale venga considerato in senso ‘antiteistico’ semplicemente l’atto di mostrare che esiste un’alternativa di vita decente alle religioni, ma che essa non debba trovare posto su un giornale qualsiasi e che la si voglia priva di senso democratico è inaccettabile.
Questo rinunciare al dialogo con i non credenti, questo non prendere in carico la loro esistenza in massa e il tacciarli tutti di individualismo sfrenato e non costruttivo, questo porsi su un gradino più in alto per il solo fatto di credere a qualcosa per fede, rivela non solo il distorto senso di laicità di certi credenti, ma anche chi, in realtà, si muove e pensa per pregiudizio.
I nostri due cattolici, e come loro tanti, cadono su questo non certo perché sciocchi, ma più comprensibilmente perché disturbati dal costante avanzare di un atteggiamento che non accettano, impauriti dal dissolversi dei loro numeri e dei loro privilegi di un tempo, e senza argomenti per sostenerli altrimenti che attraverso la censura e lo svilimento a priori. In ciò dimostrando il debole della mentalità di fede, obbligata a difendere sé stessa nonostante tutto, e offrendo quindi il fianco ai nuovi atei e agnostici che fanno di questo parte della loro critica, apertamente e legittimamente.
Capire le ragioni di questi non credenti sarebbe nettamente più facile se essi stessi, per la verità, avanzassero una proposta positiva coerente in rappresentanza dei propri alti valori. Al momento essa appare nascosta fra le righe di tesi di gruppo, rimandi ad associazioni europee, partecipazioni a manifestazioni sui diritti umani, siti web e contenitori di notizie, discussioni sui forum, volontariato, battaglie legali e singole proposte sociali che in sé vanno benissimo e sono necessarie, ma restano frammenti disuniti rispetto a una vera filosofia di vita che sia scelta e partecipata. Gli atei e agnostici italiani, quelli che lo sono per consapevolezza, per studio, per maturità, per scelta, non solo rispettano le leggi ma hanno spesso una propria idea di come sarebbe meglio agire per cambiare in meglio la società italiana e si trovano d’accordo sui princìpi più basilari di una vita etica, razionale, piacevole e compassionevole.
A mio avviso faremmo meglio a non lasciarlo soltanto intravedere, ma a puntarci direttamente, radunando quei princìpi e dichiarandoci a favore. Nel mondo questo ha già un nome: umanesimo ateo.
Se anche in Italia allargassimo i nostri scopi dalla difesa della laicità e del diritto all’ateismo fino a dire che non credere, come credere, da solo non basta a fare brave persone, non solo i tanti Sardo e Preziosi avrebbero meno gioco, ma avremmo da offrire qualcosa di vivo, nobile, realmente alternativo (leggi: Umanesimo ateo, un Manifesto italiano).
La società di oggi manca di molto, innanzitutto sul piano esistenziale. Come atei e agnostici umanisti possiamo essere parte attiva del suo miglioramento, ma dobbiamo puntare più in alto. Insieme.