Il pezzo mancante.
Difficoltà (e necessità) dell’etica laica.


Pubblicato in Ateismo e Umanesimo
23 Ottobre 2018 + edit 2 Febbraio 2019
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Su Gli Sta­ti Gene­ra­li c’è una bel­la inter­vi­sta di Mat­teo Gemo­lo a Cin­zia Sciu­to – gior­na­li­sta, edi­to­ria­li­sta di Micro­me­ga, atti­vi­sta dei dirit­ti uma­ni. Spun­to del­la discus­sio­ne è il suo ulti­mo libro “Non c’è fede che ten­ga: Mani­fe­sto lai­co con­tro il mul­ti­cul­tu­ra­li­smo” (già in ristam­pa):

Nel pano­ra­ma poli­ti­co attua­le, dove solo alle destre piu‘ con­ser­va­tri­ci sem­bra­va esse­re con­ces­so il dirit­to di svi­lup­pa­re un discor­so cri­ti­co sul mul­ti­cul­tu­ra­li­smo, que­sto testo rie­sce in un mira­co­lo: alla reto­ri­ca dell’invasione, dell’emergenza sicu­rez­za e del­le radi­ci giudaico-cristiane – tan­to cara ai popu­li­sti euro­pei – l’autrice con­trap­po­ne, sen­za esi­ta­zio­ni ed inu­ti­li sen­si di col­pa, una let­tu­ra final­men­te lai­ca e illu­mi­ni­sta di que­sto feno­me­no.
Met­ten­do al cen­tro del pro­prio discor­so i dirit­ti fon­da­men­ta­li ed ina­lie­na­bi­li dell’uomo, il libro di Cin­zia Sciu­to ha la for­za di un vero e pro­prio mani­fe­sto poli­ti­co”. (segue su Glistatigenerali.com)

L’in­ter­vi­sta è mol­to inte­res­san­te.
Non ho anco­ra let­to il libro, ma qui, come altro­ve quan­do se ne par­la, mi pare tut­ta­via man­ca­re (o esse­re solo accen­na­to) un ele­men­to fon­da­men­ta­le. Non è solo lai­ci­tà e spi­ri­to cri­ti­co che van­no dif­fu­si, e non solo attra­ver­so la scuo­la: dob­bia­mo rico­min­cia­re a par­la­re di valo­ri eti­ci.

Eti­ca è una paro­la che a mol­ti di noi non pia­ce, anzi fa pau­ra, per­ché richia­ma l’i­dea di indot­tri­na­men­to e si para­go­na a cer­ta pra­ti­ca di reli­gio­ni e poli­ti­ca. Ma se è vero, ed è vero, che “Non si pos­so­no accet­ta­re dero­ghe a prin­ci­pi che rite­nia­mo uni­ver­sa­li”, e che “la lai­ci­ta sareb­be un valo­re essen­zia­le per­ché rap­pre­sen­ta la con­di­zio­ne pre­po­li­ti­ca per garan­ti­re a cia­scu­no auto­no­mia e liber­tà”, allo­ra dovrem­mo anche pren­de­re coscien­za che sono appun­to quei prin­cì­pi – auto­no­mia, liber­tà, ragio­ne, ma anche pace, ugua­glian­za, giu­sti­zia, e rispet­to reci­pro­co per dire – che *fon­da­no* “l’o­riz­zon­te cul­tu­ra­le” e pre­po­li­ti­co del­la socie­tà che stia­mo difen­den­do (da ciò che appun­to nega quei valo­ri, per teo­ria e pras­si). 
E che solo par­lan­do­ne, inse­gnan­do­li, dif­fon­den­do­li a livel­lo socia­le – per quan­to con meto­di tra­spa­ren­ti, non vio­len­ti e non indot­tri­nan­ti, cioè oppo­sti, anche in que­sto caso, a quel­li del­la fede – pos­sia­mo limi­ta­re cer­ti ecces­si e rial­za­re il livel­lo di qua­li­tà del­la vita.

Si trat­ta di veni­re a pat­ti con l’i­dea che una for­ma di influen­za sul­la cul­tu­ra e un limi­te alla liber­tà per­so­na­le esi­sto­no e devo­no esi­ste­re, ma pos­so­no esse­re attua­ti sen­za sfo­cia­re nel dog­ma e nel cate­chi­smo. I valo­ri da noi scel­ti sono lon­ta­ni da quel­lo per qua­li­tà di pre­mes­se, meto­di e sco­pi, ma se non col­ti­via­mo il ter­re­no (nem­me­no in que­sto modo deci­so ma incruen­to), altri lo faran­no con altre pre­mes­se, meto­di e sco­pi, che alla fin fine pro­prio noi avre­mo per­mes­so e abi­li­ta­to.
Il no al mul­ti­cul­tu­ra­li­smo non è un no alla diver­si­tà tout-court (al con­tra­rio, e ovvia­men­te), ma uno stop a pra­ti­che inac­cet­ta­bi­li, deri­va­te da idee infon­da­te, che ven­go­no inac­cet­ta­bil­men­te impo­ste: tut­to il resto va bene e va con­ces­so, ma per far­lo, occor­re ‘impor­re’ che lo sia.
Cioè appun­to, difen­de­re e dif­fon­de­re un cer­to modo di pen­sa­re – alla veri­tà e ai rap­por­ti uma­ni – e non un’al­tro.

Un’im­po­si­zio­ne anche que­sta, o meglio un limi­te (e quin­di una rego­la) impre­scin­di­bi­le, che va inco­rag­gia­ta e fat­ta sce­glie­re libe­ra­men­te mostran­do­ne i pre­gi, ma che in quan­to tale – in con­di­zio­ni di par­ten­za oppo­ste e sol­tan­to allo­ra – va pur sem­pre obbli­ga­ta.
Obiet­ti­va­men­te sì.
Ma è diver­sa per ori­gi­ne (i fat­ti, la natu­ra, la con­sa­pe­vo­lez­za del­l’ar­bi­tra­rie­tà e imper­fe­zio­ne del­la scel­ta), meto­do (la con­di­zio­ne di effi­ca­cia, la rive­di­bi­li­tà, la razio­na­li­tà, la non vio­len­za), sco­po (non sod­di­sfa­re un dio o l’e­go di qual­cu­no, ma gli uomi­ni tut­ti, e men­tre vivo­no: vive­re goden­do insie­me di liber­tà, pace, pari oppor­tu­ni­tà, benes­se­re, auto­no­mia, espres­sio­ne di sé, al mas­si­mo gra­do pos­si­bi­le).

Se dun­que ciò che è e ciò che dà ci pia­ce e pre­fe­ria­mo, non pos­sia­mo esen­tar­ci né dal col­ti­var­la né dal difen­der­la. Non una scel­ta inte­ra­men­te, per­fet­ta­men­te eti­ca, ma il male mino­re – det­to meglio: il bene mag­gio­re – eti­ca­men­te rea­liz­za­bi­le.