Spedita in sintesi ai maggiori quotidiani il 25/11/2012
Di questi tempi è da molti sempre più sentita l’esigenza di usare il cervello, se non altro come arma di difesa dalle mille proposte truffaldine e ingannevoli della politica, dei media, dei tanti venditori di parole. Una tendenza interessante, questa di ‘cercare la verità’, tanto più dal momento che nessuno ci ha insegnato come fare.
Siamo un po’ tutti autodidatti, riguardo a un uso corretto della logica e delle fonti: abbiamo spesso preferito, perché questo ci veniva chiesto, seguire, adeguarci, dipendere.
Lo scetticismo e l’analisi moderni hanno fatto un gran danno, ad esempio, alle religioni, le quali alla luce dei fatti stanno perdendo quel ‘grip’ mentale sulla massa che potevano vantare in passato. Benedetto XVI questo lo sa bene, e mentre non perde occasione di ribadire quanto dannoso sia il secolarismo e quanto l’uomo in realtà abbia bisogno del dio cattolico, nello specifico corre in aiuto dei suoi fedeli con una Udienza tutta incentrata sulla ‘Ragionevolezza della fede in Dio’ (21/11/12).
È necessario infatti, che essi si sentano rassicurati del fatto che il loro credere non è assurdo, irrazionale o sciocco, e che quella della fede cattolica non è da spostarsi fra le proposte ingannevoli di cui sopra.
E se il Papa che è il Papa, cimentandosi con il delicato argomento secondo i parametri della ragione, dimostrasse che la fede in Dio non solo ha senso logico, ma anzi permette alla ragione di arrivare a Dio, orbene, sia chiaro una volta per tutte.
Ma l’ho letta tre volte, e di dimostrazione neanche l’ombra. Qualcun altro ha avuto la stessa impressione?
I punti salienti:
La fede permette un sapere autentico su Dio. // E questo è ciò che si vuole dimostrare.
Dio, infatti, non è assurdo, semmai è mistero. // Che Dio esista è da dimostrare. Che non sia assurdo pure (le sue qualità si contraddicono). Se è mistero la ragione non vi è ancora arrivata.
Il mistero, a sua volta, non è irrazionale, ma sovrabbondanza di senso, di significato, di verità. // Da dimostrare.
La fede permette di guardare il «sole», Dio (…) riconoscendo il grande miracolo: Dio (il quale) si è offerto alla sua conoscenza, accondiscendendo al limite creaturale della sua ragione. // Da dimostrare.
Sant’Agostino (…) dice: «comprendi per credere e credi per comprendere». // Che la fede consenta il sapere è sempre da dimostrare.
Sant’Anselmo dirà nel suo Proslogion che la fede cattolica è ‘fides quaerens intellectum’. // Da dimostrare. Le prove a priori presuppongono la fede e falliscono per logica. Quelle a posteriori si bloccano al non sequitur.
San Tommaso d’Aquino (mostra) quanta nuova feconda vitalità razionale deriva al pensiero umano dall’innesto dei principi e delle verità della fede cristiana. // Off topic.
Paolo vede nella Croce (…) un fatto salvifico che possiede una propria ragionevolezza riconoscibile alla luce della fede. // Fatto e salvifico, da dimostrare. Si torna a premettere la fede al ragionamento (e alla storia).
Il vero bene dell’umanità, accessibile nella fede… // Che lo sia, e viceversa che quello proposto dalla fede cristiana sia il ‘vero bene’ è da dimostrare. Piuttosto, l’esperienza umana ci conferma che la fede non è infallibile nella pratica del bene, e che ad esso non è necessaria.
…apre l’orizzonte nel quale (la ricerca scientifica) deve muovere il suo cammino di scoperta. // La scienza deve muoversi solo entro l’etica, che la fede la rappresenti – fino a poterla sostituire – è da dimostrare.
Così la fede, vissuta realmente, non entra in conflitto con la scienza, piuttosto coopera con essa. // Si è spostata la questione: dalla ragionevolezza della fede alla fede come sentinella. Tutto ancora da dimostrare.
La fede costituisce uno stimolo a cercare sempre (…). E’ falso il pregiudizio di certi pensatori moderni, secondo i quali la ragione umana verrebbe come bloccata dai dogmi della fede. // Da dimostrare. Abbiamo invece evidenza del contrario, il pregiudizio non è tale. Affermare che è falso non è provare che lo sia.
Afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica… // Ecco, continuiamo con semplici affermazioni.
…«La verità di Dio è la sua sapienza che regge l’ordine della creazione e del governo del mondo. Dio che, da solo, «ha fatto cielo e terra», può donare, egli solo, la vera conoscenza di ogni cosa creata nella relazione con lui». // Ripetiamo di nuovo la tesi da dimostrare? Non è che ripetendo in tante forme la stessa premessa, questa faccia da prova di sé stessa.
Nel Vangelo viene inaugurato un nuovo umanesimo, un’autentica «grammatica» dell’uomo e di tutta la realtà. (…) Senza Dio, infatti, l’uomo smarrisce se stesso. (…) Conoscendolo, scopre se stesso, (…) la grandezza e la dignità della vita umana. (…) La fede porta a scoprire che (…) Lui solo appaga i desideri di verità e di bene radicati nell’anima di ogni uomo. // Questi desideri sono propri dell’essere umano, e questa è l’unica cosa provata e provabile. Da questi nasce l’Umanesimo moderno, che non è in alcun modo legato alla necessità di Dio. Questa ‘grammatica’ è una teologia, e questo ‘nuovo umanesimo’ all’inverso una teocrazia, in cui il centro è Dio e l’uomo – altrimenti inetto peccatore – si limita a servire, adorare, ringraziare e dipendere, con tutto sé stesso. Chiamala dignità.
Come pare evidente, il Papa afferma ma non dimostra che fede e ragione sono conciliabili e necessarie l’una all’altra.
In altre parole, ne parla dal punto di vista della fede, con il linguaggio della sua fede, per premesse e promesse di fede, senza adeguarsi alle dure regole della logica e dell’argomentazione razionale.
Questa deludente trascuratezza non è casuale, ma necessaria e implicita a qualsiasi fede tanto forte, la quale non può che partire dagli assunti indimostrabili che ne costituiscono l’essenza, blindandoli contro ogni evidenza del contrario. E il credere di averlo fatto secondo il rigore della ragione, traformando un sermone in ragionamento, è una delle peggiori ferite che un credo dogmatico è in grado infliggere al singolo e alla gente, insieme alla necessità emotiva di inginocchiarsi a un essere superiore per capire l’etica.
Qui le troviamo entrambe. Ma il Papa è un pover’uomo che ha anche tutto l’interesse ad insegnare di questo. Il vero dramma è l’impatto di tali idee sul gregge in ascolto, nella misura in cui continuino ad essere prese per lezioni di logica e di vita.
Se così è, ogni tentativo di conciliare questi due antitetici metodi di ricerca del vero è destinato a rivelarne invece differenze e mancanze l’uno per l’altro. Il fatto è che la ragione mette in discussione tutto senza riserve, perché non deve proteggere sé stessa o i suoi risultati. Ma la fede vi oppone un limite invalicabile, almeno riguardo i suoi fondamenti dogmatici. Dalla loro presunta esistenza e dalla validità della scelta di fede dipende direttamente tanto la prepotente idea di ‘salvezza eterna’ quanto i senso della propria integrità, per il credente.
Il quale a un certo punto deve accorgersi di questo limite, e allora delle tre l’una: o lo supera e in tutta onestà smette di credere; o lo accetta ma sceglie di credere perché o nonostante l’absurdum; o ancora si spende in continui esercizi mentali cercando di convincersi – e convincere – che il concetto di fede razionale non sia una contraddizione in termini, un ossimoro. Così è stato per questo papa, come per il suo predecessore e – tristemente – per una infinità di cristiani. Non è obbligatorio.
Liberarsene è sempre possibile.
Capisco bene il desiderio di certi credenti di sentirsi anche totalmente razionali, e di apparire tali, nella propria fede. Non esserlo fa brutto, ma soprattutto ci da la sottile, terribile sensazione di tradire la nostra stessa natura. Ed è così. Ma non si può avere l’una e l’altra cosa – ricerca e zone incalpestabili, logica ed errori di logica, ragione e libri sacri, impegno intellettuale a trequarti. Non in questo mondo. A meno di mentire a sé stessi.