Sei ateo/a? Bene!
Hai fatto coming-out? Ti sei sbattezzato/a? E l’iscrizione all’Uaar?
Benissimo!
Che altro?
Beh, che ne diresti di pensare a che tipo di non credente sei? Perché, sarai d’accordo, non credere – così come credere – dice poco su chi realmente siamo. Come persone, intendo.
Hai fatto coming-out? Ti sei sbattezzato/a? E l’iscrizione all’Uaar?
Benissimo!
Che altro?
Beh, che ne diresti di pensare a che tipo di non credente sei? Perché, sarai d’accordo, non credere – così come credere – dice poco su chi realmente siamo. Come persone, intendo.
Io?
Sono ateo, sì.
Niente paura, sono anche molte altre cose.
Mi piace definirmi ateo umanista, perché ‘ateo’ dice poco o nulla di me.
Niente paura, sono anche molte altre cose.
Mi piace definirmi ateo umanista, perché ‘ateo’ dice poco o nulla di me.
Il 23 marzo è la Giornata dell’ateismo: 6 motivi per celebrarla (e 2 per non farlo): dal blog di un altro ateo umanista, Giovanni Gaetani.
E se è importante, oggi, dirsi atei e difendere il proprio diritto a non credere senza per questo dover subire discriminazioni (o peggio, in altri Paesi), è a maggior ragione per me *essenziale* dirsi umanisti e parlare di umanesimo.
Perché mai?
L’umanesimo – o umanismo – è una filosofia di vita razionale ed etica. È un modo di ‘guardare il mondo’ con rispetto, passione e responsabilità. Da non credenti. Mica poco.
Oggi?
In un mondo ancora pieno di soprusi e sfruttamento, di discriminazione, di disperazione, di diritti negati e di doveri disattesi, parlare di valori come libertà, pace, giustizia e rispetto reciproco è una banalità da cui non possiamo sottrarci. Ancora meglio, serve vivere quei valori nel quotidiano, e ispirarli e insegnarli e anche pretenderli, affinché diventino normalità.
L’umanesimo ateo è l’occasione giusta per andare oltre l’ateismo, oltre il semplice non-credere, e riempire la nostra vita di significato. Servono atei così, non trovi? Connotare il nostro ateismo, riempirlo di altri e alti significati, e farlo insieme, in tanti, non è solo coerente con ciò che effettivamente pensiamo, ma diventa un biglietto da visita con un potente messaggio sociale scritto sopra: una società migliore è possibile.
Ciò che oggi apprezziamo come ‘civilità’ è frutto di uno sforzo secolare che ancora oggi, e a maggior ragione oggi, non va dato per scontato, ma proseguito e consolidato. Quei diritti umani, quella capacità critica, quella indipendenza di pensiero, quel senso di uguaglianza e quella capacità di confronto non conflittuale che a margine di un servizio o di una conferenza stampa dopo un fatto di cronaca si evocano e invocano regolarmente e troppo tardi, cose come queste devono essere alimentate, insegnate, intenzionalmente trasmesse e incoraggiate, devono essere fatte conoscere, sperimentare, vivere e apprezzare.
In tempo, prima che la loro assenza si senta e crei sofferenza.
Oggi più che mai è essenziale a nostro avviso non solo criticare gli errori delle religioni, non solo opporci agli immeritati privilegi della Chiesa e alla sua invadenza nella vita dei non credenti e nelle istituzioni, non solo batterci per la libertà di non credere e vivere diversamente, ma andare alla fonte, prevenire il problema, creare nuove basi, mettere forti radici, cambiare la mentalità. E ciò non ha senso ‘in nome dell’ateismo’, e nemmeno ‘della laicità’ in senso stretto. Lo ha all’interno di una visione del mondo e dell’uomo che si chieda ‘come possiamo rendere più appagante la vita, la nostra e di tutti’, e che perciò inserisca ateismo e laicità fra valori a ciò fattivamente orientati.
Come, cosa? Dai un’occhiata a un Manifesto di umanesimo ateo, al Manifesto intersezionale o alla Dichiarazione di Amsterdam (scorri per l’italiano) per saperne di più.