L’Italia ha problemi che *questa* modifica alla Costituzione *non* affronta e non risolve, sicché non si capisce tanta passione nel puntarci sopra.
Una riforma non si fa tanto per riformare, per non ‘restare immobili’, né per far finta di non restare immobili. Una riforma si fa se è utile, dove è utile. Specie se alla nostra Costituzione.
Si supera il bicameralismo perfetto? Sì, ma non il bicameralismo.
Il senato rimane, non più eletto dai cittadini ma dai partiti, composto da sindaci e consiglieri regionali che diventano part-time, godranno d’immunità e rimborsi spese.
Si abbattono i costi della politica? Di pochissimo.
Nonostante gli annunci pubblicitari di governo e sostenitori del sì, il senato costerà solo 1/5 in meno, lo dice la stessa Ragioneria di Stato. E il risparmio sulle province era già previsto nella legge Delrio 2014 (e mai ottenuto). Una riforma sui costi della politica poteva (e doveva) essere pensata molto meglio, perché gli sprechi gravi sono tanti e non è corretto farsi vanto di aver fatto poco se il molto era avvicinabile.
Il CNEL, ente inutile, viene eliminato? Certo, ma non è spiegato in che modo si intende sostituirne le funzioni. Su quanto in effetti si risparmierà non c’è niente di scritto. E restano centinaia di enti inutili che dovrebbero – e potevano già – essere eliminati: tanta fanfara per uno è solo spettacolo.
Leggi più rapide? La media non dice che sono lente, è invece la loro qualità, numero e attuazione il problema, che resta inaffrontato.
Velocizzare l’approvazione può diventare superficialità, le competenze solo in parte divise potranno creare comunque confusione e rallentamenti, e il rischio di ‘fare come vuole il capo’ è una eventualità che si rende più vicina, anche perché scompare il contrappeso della seconda camera e la attuale legge elettorale (votata con la fiducia e che già si vuole rifare) privilegia la governabilità sulla rappresentatività. Ma entrambe contano!
Titolo V, rapporti più chiari con le autonomie locali? Sarà da vedere:
alcune competenze tornano al governo, altre restano, c’è troppo spazio per nuovi contenziosi e Renzi lo ammette, ma ci informa che è ‘comunque un passo avanti’. Però. È serio mettere mano alla Costituzione in questo modo?
Maggiore partecipazione dei cittadini? Come, avendogli tolto potere elettivo sul senato, triplicato il numero di firme necessarie alla proposta di leggi di inizitiva popolare, e abbassato il quorum ma solo per i pochi referendum da più di 800mila firme? Poi si creano due altri tipi di referendum, buono, ma al solito ci si mischia il peggio.
Limitare i populismi? Un bel modo di farlo, quando si sbandiera la riforma proprio parlando alla pancia e non alla testa della gente, formulando un quesito che è un’illusorio spot per il sì in sé stesso, riunendo volutamente in un solo ‘sì o no’ più cose di diversa importanza, puntando al sì per ragioni come ‘non ho capito ma mi fido’, il ‘mi interessa A (però così intanto passa pure B)’, il ‘hai visto, si risparmia un saccone!’, e il retorico e fasullo ‘chi vota no è per il vecchio e per la casta’. Il populismo è male se lo fanno gli altri, evidentemente.
No, una riforma alla Costituzione (1/3 di essa!) non si fa così e non si sostiene così.
I risultati di questo governo basterebbero per mandarlo a casa, non altro.
Questo puntare sulla Costituzione lo capisco poco, se non come pretesto per – una volta ancora – NON FARE. Non fare il necessario. Perdersi in cazzate minori, perdere tempo. Peggio se ci fossero obiettivi secondi e non espliciti che la riforma avallasse. Lo vedremo.
Intanto, è mia opinione che questa riforma non debba passare.
Che sia prevalentemente inutile e sbagliata.
Ciò che va cambiato è il modo italiano di fare politica.
E su questo – che ironia! – la Costituzione parla già chiaro.
Per approfondire.
Il governo ci dice che ‘basta un sì’. Ma anche un no. Dipende per cosa.
Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Tomaso Montanari, Nadia Urbinati, Gustavo Zagrebelsky su Micromega: Referendum, perché diciamo NO
Perché votare No al referendum costituzionale, spiegato in 10 mosse (più una)
Fatto Quotidiano, pdf: Perché NO
T. Montanari, pdf: Così no.
G. Sorrentino su Huffingtonpost.it: Perché votare no al referendum.
Cave asinus: Quindici ragioni per cui votare No (e sono anche poche)
G. D’Elia, A. Rentería Díaz e M. P. Viviani su Altalex.it: Referendum costituzionale: le ragioni del NO.
http://www.libertaegiustizia.it/