Povera piccola innocente chiesa, ridotta al silenzio da un manipolo di contestatori intolleranti e violenti! Così ovviamente è stata letta da tanti credenti cattolici la notizia della mancata visita del papa alla Sapienza di Roma, e quel che è peggio da tanti politici e intellettuali che laici si considerano.
Ma è andata veramente così? Davvero si è trattato di un attacco indebito, di un distorto senso di laicità, di vergognosa censura?
Considerando che si è trattato di una *protesta* (legittimo dissenso), i cui motivi sono *fondati* (e non ideologici), e che la decisione di non venire è stata presa dal papa stesso (mentre in università lo aspettavano), chiaramente NO.
Ma è quello che vogliono *farci credere*, quella è l’idea che è passata, attraverso una infida rilettura dei fatti e delle opinioni. Si tratta di una vera e propria tecnica di propaganda, di trucchi della comunicazione intenzionalmente usati, che va al di là della personale interpretazione per farsi fazioso strumento di conquista. Lo scopo: dividere i buoni dai cattivi, mettersi dalla parte dei buoni e denigrare i ‘cattivi’, non prima però di aver rovesciato il senso delle cose.
Se questo è vero, è necessario da parte nostra esserne consapevoli, perché questa cattiva informazione forma le opinioni e le coscienze.
Attraverso le parole di alcuni fra quelli che hanno scritto del fatto, ecco la mia analisi.
Un editoriale del radicale Francesco Pullia spiega bene:
“E adesso cosa sta accadendo dietro l’imbellettamento? Si sta verificando semplicemente quello che da sempre denunciamo, e cioè che la potente macchina da guerra vaticana, con grande arguzia e raffinatezza, non perde occasione per ricorrere al proprio potente apparato propagandistico e chiamare all’adunata.
Chi segue il calcio conosce bene episodi in cui un attaccante fa di tutto per essere atterrato in area di rigore avversaria, arrivando, qualora non riesca nell’intento, addirittura a simulare il ricevimento di un fallo pur di guadagnare, ovviamente con la complicità arbitrale, un bel calcio di rigore. Ad esaltarne ed incensarne la prodezza ci penseranno, poi, i cronisti sportivi. E’ quanto è avvenuto, né più né meno, alla Sapienza. Tutto dà l’impressione d’essere stato orchestrato con accorta regia.
Tutto si è verificato in quattro tempi: l’invito, la rinuncia (decisa, si badi, unilateralmente), l’indotto, cercato ed enfatizzato martirio mediatico (con parallela glorificazione), la convocazione dell’adunata. Ci si è mossi davvero con maestria grazie anche all’apporto di un mondo politico e giornalistico schierato in maniera compatta, molto devoto (in senso mondano, di ossequio e riverenza al potere, agli ori, al mercimonio) e nient’affatto religioso.
E adesso? Adesso, grazie alla vicenda universitaria, le quotazioni d’Oltretevere subiranno, c’è da scommetterlo, un’impennata, un ulteriore rialzo. Tutto come si sperava, com’era programmato. (…)
Ma, poi, scusate, che cosa è realmente successo?
Il papa ha deciso di non recarsi all’inaugurazione dell’anno accademico di un’università statale. Il suo discorso, però, è stato ugualmente letto e trasmesso, ricevendo quell’attenzione che altrimenti avrebbe avuto in misura minore. Se non è questa una diabolica strategia cos’è?” (Corsivo mio).
Chiaro, no? Si trattava appunto dell’inaugurazione dell’anno accademico alla Sapienza, università statale. Ora dico, invitare un leader religioso a una cerimonia istituzionale così importante, unica, attesa da studenti e professori credenti e non credenti insieme, era opportuno? Era laico?
Perché di questo si trattava: non di un veto perpetuo alla presenza e alla parola di un personaggio di rilievo, ma del *disaccordo* a una ‘lectio magistralis’ cattolica (poi discorso/predica) – cioè non a un confronto/dibattito – in *quella* particolare occasione.
Di fatto così la presentavano i 67 professori firmatari della lettera al rettore, peraltro partita come documento *interno*:
“Con queste poche righe desideriamo portarLa a conoscenza del fatto che condividiamo appieno la lettera di critica che il collega Marcello Cini Le ha indirizzato sulla stampa a proposito della sconcertante iniziativa che prevedeva l’intervento di papa Benedetto XVI all’Inaugurazione dell’Anno Accademico alla Sapienza. (…) In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l’incongruo evento possa ancora essere annullato”.
C’è tutto. Coerente, legittimo, tranquillo. Laicamente condivisibile, pure.
Detto con altre parole (di uno dei firmatari, il fisico Carlo Cosmelli), essi sono aperti al confronto con la chiesa, ma in altra sede: «Non siamo contrari al dialogo con il pontefice, ma non riteniamo opportuno il fatto che sia stato invitato a tenere la lectio magistralis all’inaugurazione dell’anno accademico di un’universita’ statale».
Quale intento censorio? Quale veto ideologico? Quale chiusura, quale intolleranza?
Ma allora perché tanta caciara?
Forse per come gli studenti hanno successivamente agito? Nemmeno!
Di fatto, i più accesi e ‘ribelli’ – quelli che hanno ‘occupato’ l’università – non erano che una minoranza, e quelli decisi al tafferuglio ancora meno, se anche c’erano. Se anche c’erano, vale sempre la pena di distinguere, di isolarli, di non fare dell’erba un fascio, ma non impariamo mai?
Peraltro, non mi sento di negare a chi è andato di manifesti, porchetta e slogan il classico entusiasmo appassionato tipicamente giovanile: hanno l’età per fare chiasso, una modalità che non è di per sé incivile!
Reale pericolo per l’incolumità del papa? Anche questo è un assurdo, una montatura: non c’era un vero rischio (di che, di un attentato??) né nelle intenzioni della stragrande maggioranza dei giovani dissenzienti (eventuali teste calde? Dappertutto, purtroppo!), né per la massiccia presenza di forze dell’ordine davanti all’università, addirittura blindata (!?) per l’occasione. Ma.. Accostare alla parola ‘manifestazione’ l’espressione ‘possibile violenza’ è estrememente efficace in termini di comunicazione, per demonizzare l’avversario e acquistare quasi automaticamente il consenso dovuto a una vittima, anche se in realtà non è successo niente. Astuto!
Si è trattato quindi dell’espressione di un disaccordo, di uno scontento circa le qualità del papa e l’ambiguità della sua presenza all’inaugurazione, sempre chiaramente a metà fra discorso storico-etico variamente fondato e visita pastorale.
Certo i ragazzi potevano essere più espliciti e specificare – come i prof – che sarebbe stato loro sgradito l’intervento del papa per quell’evento particolare. Invece, in parte (quella evidenziata dai media..), si sono opposti decisamente a una visita del papa in qualsiasi occasione. Ok. Condivido le loro motivazioni, io stesso ritengo questo papa un cattivo reazionario che ama apparire timido e imbelle, scarso filosofo e storico fazioso, abilissimo sofista, sopravvalutato leader morale e cattivo messaggero di pace. Tuttavia, come si sarebbero comportati in occasioni diverse possiamo solo ipotizzare: forse avrebbero ripetuto la protesta, e tuttavia solo di protesta si sarebbe trattato. Forse invece, e tendo a pensarlo, avrebbero accettato una sua conferenza, e poi saggiamente fischiato in diretta le parti meno apprezzabili. Pur essendo un personaggio dalla visione opposta ai valori di una libera università (e libera società) e per questo immeritevole di stima, proprio per quei valori gli si dovrà concedere uno spazio per dire la sua. Poi sarà lui a dover ascoltare noi, costringendosi a scendere dal piedistallo di una autorità lì non riconosciuta, liberi noi – da pari a pari – di fare a pezzi le sue argomentazioni con tesi migliori!!
Ora: far leva su striscioni anticlericali esposti in una occasione in cui potevano laicamente esserlo, come parte di una protesta e di uno sfogo – obiettivamente comprensibile – di una minoranza, senza che questo obbligasse alcuno e senza conoscere il futuro, è un po’ poco.
Poco per il papa, il quale ha inspiegabilmente rinunciato all’incontro. «Venuti meno, per iniziativa di un gruppo decisamente minoritario, i presupposti per un’accoglienza dignitosa e tranquilla», uggiola il cardinale Bertone.
Altro che volontà di dialogo! Questione di immagine: il santo padre vuole essere accolto come una star e non ama essere fischiato.. Meglio fare quello che deve rinunciare, povero il papa, alla faccia della maggioranza che invece lo aspettava.. Ma il messaggio sarà letto lo stesso, e in più tanta solidarietà gratuita!
E poco per tutti gli altri, i quali sorvolando bellamente sul fatto che la protesta laica non ha impedito proprio niente, nonostante ciò hanno hanno dato la colpa a quella, trovandola responsabile di censura e oscurantismo, anziché di disapprovazione, o al massimo di disprezzo.
Non sorprende allora che a usare le parole peggiori, vere invettive severissime e troppo emotive contro tutto un gruppo di persone (dai manifestanti a chi, in tutta Italia, approva e concorda), sia stato in realtà lo schieramento clericale, che ha inteso soffocare la manifestazione di un dissenso legittimo, ben motivato e non violento, negandogli maturità, profondità, valore. Napolitano: «Inammissibile intolleranza». Prodi: «Condanno i gesti, le dichiarazioni e gli atteggiamenti». Veltroni: «Sconfitta della cultura liberale». Berlusconi: «Fanatismo, ferita che umilia l’Italia». Gasparri: «Andrebbero denunciati». D’Alema: «Posizioni estremistiche». Casini: «Debolezza culturale, c’è da aver paura per il nostro futuro». Storace: «Scandalo, hanno vinto i teppisti e i loro cattivi maestri». ..Crociata, Vento anticlericale, Nazisti rossi, Comportamento indegno, Gazzarra laicista, ..
Da parte della chiesa la situazione è apparentemente più moderata. Apparentemente, perché invece il giudizio è simile, ma proposto in modo volutamente meno aggressivo, con fare vittimistico, denso di trucchi della comunicazione. [Continua in pagina successiva -> ]